Sembra la trama di un film di fantascienza di alto livello, eppure è un progetto reale che alcuni scienziati stanno prendendo seriamente in considerazione: inviare una sonda verso un buco nero per studiarlo da vicino. Non un’astronave imponente, ma un minuscolo veicolo spaziale leggero come una graffetta, capace di viaggiare a velocità prossime a quella della luce.
L’idea è tanto ambiziosa quanto complessa: un viaggio interstellare che potrebbe durare fino a un secolo, richiedere tecnologie ancora inesistenti e, per di più, costare cifre da capogiro. Ma, secondo i suoi ideatori, potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione dell’universo e della fisica.
- Il cuore dell’idea: la nanocraft
- I problemi pratici (e astronomici)
- Perché rischiare tanto?
- Un’impresa per il futuro
Il cuore dell’idea: la nanocraft
Il mezzo che dovrebbe affrontare questa missione non somiglia alle sonde spaziali a cui siamo abituati. Si tratta di una nanocraft, ovvero una sonda in miniatura formata da un microchip montato su una vela ultraleggera. Questa vela verrebbe spinta non da carburante tradizionale, ma da potenti fasci laser inviati dalla Terra o da satelliti in orbita, che imprimerebbero un’accelerazione tale da raggiungere un terzo della velocità della luce in pochi minuti.
A quelle velocità, una sonda potrebbe raggiungere un buco nero a 20-25 anni luce di distanza in circa 70-80 anni. Poi servirebbero altri due decenni per ricevere i dati indietro sulla Terra. Una missione, quindi, destinata a impegnare più generazioni di scienziati.
I problemi pratici (e astronomici)
Il primo ostacolo è tecnologico: la nanocraft, così come è concepita, oggi non può essere costruita. Le componenti ultraleggere, i sistemi di comunicazione a lunghissima distanza e i laser di potenza sufficiente sono ancora in fase di studio.
Poi c’è il nodo dei costi. Alimentare un sistema di laser capace di spingere la sonda fino a quelle velocità, con le tecnologie attuali, richiederebbe un investimento di circa 1.000 miliardi di sterline. I ricercatori, però, fanno notare che negli ultimi vent’anni il costo delle tecnologie spaziali è sceso drasticamente, e stimano che fra 20 o 30 anni il prezzo possa calare a circa 1 miliardo, una cifra simile a quella di alcune grandi missioni spaziali odierne.
Ma c’è un problema ancora più grande: trovare un buco nero a distanza utile. L’attuale candidato più vicino, Gaia-BH1, è a 1.560 anni luce, troppo lontano per un viaggio del genere. Gli scienziati sperano che nei prossimi 5-10 anni si possa scoprire un buco nero “nascosto” a circa 20-25 anni luce dalla Terra.
Perché rischiare tanto?
I buchi neri sono tra gli oggetti più misteriosi e affascinanti dell’universo. Sono il risultato del collasso di stelle enormi, che si concentrano in un punto di densità infinita dove la gravità è così forte da intrappolare persino la luce.
Proprio per questo, studiarli è un’impresa difficilissima: non emettendo luce o radiazioni rilevabili, possiamo solo dedurne la presenza osservando come influenzano ciò che li circonda. Inviare una sonda nei pressi di un buco nero permetterebbe di testare le previsioni della relatività generale di Einstein in condizioni estreme e, forse, di scoprire nuove leggi della fisica.
Gli scienziati vogliono capire se lo spazio-tempo si comporta davvero come previsto dalla teoria o se, nelle vicinanze di un buco nero, le regole cambiano radicalmente. Sarebbe la prima volta nella storia in cui potremmo ottenere misurazioni dirette di quel genere.
Un’impresa per il futuro
Se il progetto andrà avanti, chi partirà oggi saprà che non vedrà i risultati nel corso della propria vita. Ma la scienza spesso lavora su tempi lunghi, e questa missione avrebbe il potenziale di aprire una nuova era nell’esplorazione dello spazio profondo.
Per ora, resta una delle idee più audaci mai concepite: spedire un minuscolo esploratore verso un abisso cosmico da cui nulla, nemmeno la luce, può fuggire. E, forse, scoprire che la realtà è ancora più sorprendente di quanto abbiamo immaginato.