I nostri cieli potrebbero presto colorarsi con i toni d’un fenomeno del passato, che in molti non pensavano potesse ripresentarsi: l’evento di Carrington. Stiamo parlando di un fatto risalente al 1859, durante il quale si sviluppò la tempesta solare più potente mai registrata. Oggi, a 166 anni di distanza, questa tempesta potrebbe aver generato una sorta di discendenza, che sta catturando l’attenzione di scienziati ed esperti.
- Dal Sole alla Terra: un viaggio di luce, plasma e memoria. Cosa potrebbe accadere
- Dopo 166 anni torna “l’aurora boreale del secolo”?
- Dall’aurora al rischio blackout: il confine fragile tra meraviglia e rischio
Dal Sole alla Terra: un viaggio di luce, plasma e memoria. Cosa potrebbe accadere
Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Gli astronomi di tutto il pianeta sono piuttosto incuriositi da una macchia solare (la AR4274), che si sta rendendo protagonista di un violento brillamento e che potrebbe presto generale una tempesta geomagnetica dal forte impatto. E potenzialmente spettacolare, in grado di generare aurore visibili anche a latitudini inaspettate. Forse, già a partire stanotte.
Durante la mattina dello scorso 11 novembre, il Sole ha infatti eruttato un brillamento di classe X5.1, tra i più intensi del ciclo solare in corso. Il fenomeno, originato dalla turbolenta macchia solare, ha scagliato nello spazio una espulsione di massa coronale (CME) diretta verso la Terra. In gergo tecnico si tratta di una vera e propria bolla di plasma, composta da particelle cariche e campi magnetici, che può viaggiare a milioni di chilometri orari.
Secondo gli esperti dello Space Weather Prediction Center della NOAA e dell’astrofisico Tony Phillips, la nube investirà totalmente il nostro pianeta tra la sera dell’11 e quella del 12 novembre, generando una tempesta geomagnetica di livello G4, la seconda più intensa sulla scala di classificazione. Un livello che, se confermato, potrebbe produrre aurore visibili anche nell’Europa meridionale, compresa l’Italia.
Dopo 166 anni torna “l’aurora boreale del secolo”?
Non sarebbe la prima volta che accade: il precedente più noto risale al 1° settembre 1859, quando un giovane astronomo inglese, Richard Carrington, osservò due lampi solari così luminosi da oscurare la luce del giorno. Poche ore dopo, il pianeta fu investito da una tempesta geomagnetica senza precedenti: il cielo si tinse di rosso fino a Roma, i fili del telegrafo si fusero e le comunicazioni cessarono per quasi un giorno intero. Fu la più violenta interazione mai registrata tra il Sole e la Terra, e da allora nessun evento è riuscito a eguagliarla.
Oggi, nel 2025, la coincidenza tra un brillamento di potenza simile e l’attuale massimo solare – il picco di attività magnetica del ciclo undicennale della nostra stella – ha riacceso il timore (e il fascino) di poter assistere a qualcosa di altrettanto straordinario.
Dall’aurora al rischio blackout: il confine fragile tra meraviglia e rischio
Le immagini dell’aurora boreale che danza sopra città insospettabili non sono più solo suggestioni artiche. Negli ultimi anni, l’aumento dell’attività solare ha portato questi spettacoli celesti fino alle Alpi e persino in alcune regioni del Centro Italia. Ma dietro la bellezza dei colori si nasconde una realtà più complessa: le stesse particelle che illuminano il cielo possono mettere in ginocchio la tecnologia su cui si regge la nostra civiltà.
Le tempeste geomagnetiche più intense, come quella attesa in queste ore, possono interferire con i satelliti, disturbare le comunicazioni radio, compromettere le reti elettriche e danneggiare i sistemi di navigazione. È già accaduto: il brillamento dell’11 novembre ha causato un blackout radio a onde corte sull’Africa meridionale, e gli istituti scientifici – dall’INGV alla NASA – hanno diramato allerte in tutta Europa.
Nel peggiore degli scenari, spiegano gli esperti, una tempesta paragonabile a quella di Carrington potrebbe provocare blackout globali di settimane, con conseguenze economiche e sociali difficilmente calcolabili. Tuttavia, il rischio di un evento così estremo resta basso, e la maggior parte degli scienziati ritiene che l’impatto sarà per lo più visivo: una grande aurora boreale, forse “la più intensa del secolo”.