Lo sappiamo: basta percorrere pochi chilometri in Italia per ritrovarsi in un mondo completamente diverso. Cambia il paesaggio, cambia la cucina, cambiano le tradizioni e, soprattutto, cambia il modi di parlare. Ogni regione, ogni città, a volte persino ogni quartiere, ha un suo modo di esprimersi con una cadenza e un tono che possono risultare musicali o, al contrario, irritanti.
Gli accenti regionali o locali non sono soltanto un fatto linguistico: rappresentano un vero e proprio patrimonio culturale, tramandato di generazione in generazione. A volte diventano motivo di orgoglio identitario, altre volte, invece, vengono percepiti come un ostacolo alla comunicazione nazionale, soprattutto nei contesti in cui la lingua italiana standard è la norma.
- Il sondaggio sui dialetti
- Il vincitore a sorpresa: il napoletano
- Gli altri dialetti meno amati
- Perché un accento può risultare fastidioso
Il sondaggio sui dialetti
Per capire quali siano i dialetti più amati e quelli più fastidiosi, una celebre piattaforma online, specializzata nell’insegnamento delle lingue, ha realizzato un sondaggio a livello nazionale. L’indagine ha coinvolto centinaia di persone di età e provenienze diverse, con lo scopo di rilevare la percezione degli accenti italiani.
Il risultato ha messo in evidenza che, nonostante l’affetto diffuso per le diverse parlate locali, alcuni dialetti vengono percepiti come meno piacevoli o addirittura irritanti. Un dato curioso, se si pensa che in molti casi queste parlate sono strettamente legate a una tradizione musicale, poetica e teatrale di altissimo valore.
Il vincitore a sorpresa: il napoletano
Secondo il sondaggio, il napoletano si è posizionato al primo posto tra i dialetti più fastidiosi d’Italia. Una sorpresa solo in parte, perché da un lato il napoletano è tra gli accenti più riconoscibili, dall’altro è anche uno dei più esposti mediaticamente.
Film, fiction televisive, programmi comici e persino pubblicità hanno spesso fatto ricorso al napoletano, trasformandolo in un marchio distintivo. Ma questo utilizzo continuo lo ha reso anche più stereotipato: viene imitato, parodiato, talvolta persino banalizzato. Ciò che è nato come ricchezza culturale può diventare, a lungo andare, una sorta di caricatura che stanca o infastidisce chi lo ascolta.
Gli altri dialetti meno amati
Dopo il napoletano, nella classifica compaiono il sardo, il siciliano e il veneto. Anche in questi casi entrano in gioco fattori diversi:
Il sardo, con i suoi suoni gutturali e particolari, viene percepito come più distante dall’italiano standard e quindi meno immediato da comprendere.
Il siciliano, ricchissimo di sfumature e varianti interne, può apparire duro o complicato a chi non lo conosce, pur essendo amatissimo e orgogliosamente difeso nell’isola.
Il veneto, infine, ha una musicalità tutta sua che può sembrare buffa o eccessivamente marcata a chi lo ascolta da fuori regione.
La percezione del “fastidio”, quindi, nasce spesso da un insieme di fattori culturali, sonori e di abitudine all’ascolto.
Perché un accento può risultare fastidioso
Un accento o un dialetto può risultare irritante per ragioni molto diverse tra loro. C’è innanzitutto la cacofonia, ovvero l’effetto prodotto da suoni che, per chi non li conosce, possono sembrare duri o sgradevoli. A questo si aggiungono gli stereotipi culturali, quei cliché diffusi dai media che, spesso in modo superficiale o negativo, finiscono per condizionare il giudizio collettivo.
Anche l’esposizione eccessiva gioca un ruolo importante: quando una parlata viene continuamente imitata o ridicolizzata, perde la sua freschezza e rischia di trasformarsi in una caricatura. Infine, c’è la questione della comprensione: alcune parlate, molto distanti dall’italiano standard, risultano meno accessibili e quindi più difficili da apprezzare. Tutti questi elementi non raccontano tanto del dialetto in sé, quanto del contesto in cui lo si ascolta e delle percezioni di chi lo giudica.