In Trentino-Alto Adige arriva una nuova norma che sembra essere destinata a fare scuola per via del significato che assume: la regione autonoma ha deciso di istituire un bonus bebè da 1.100 euro che però ha una certa particolarità. I fondi in questione, infatti, non sono destinati all’acquisto di latte in polvere o pannolini ma rappresentano una “dote previdenziale” che la Regione di Trento e Bolzano ha deciso di destinare a quei neonati che vengono iscritti sin da subito ad un fondo pensione. Un sistema di vera e propria “educazione alla previdenza”. Scopriamo insieme come funziona.
Trentino-Alto Adige: come funziona il nuovo bonus bebè da 1.000 euro legato ai fondi pensione
Andiamo con ordine e partiamo dal principio. La misura introdotta dalla regione Trentino-Alto Adige, approvata con ampio consenso dal Consiglio regionale, è la prima in Italia a collegare la nascita di un bambino a un incentivo strutturato per la previdenza complementare.
Alla nascita, ogni neonato riceverà 300 euro versati direttamente in un fondo pensione scelto dai genitori e riconosciuto dalla Covip. Nei quattro anni successivi, la Regione verserà altri 200 euro all’anno, arrivando così a un totale massimo di 1.100 euro.
Chi può accedere al bonus bebè legato ai fondi pensione
La condizione affinché la Regione conceda questo bonus è che la famiglia contribuisca al fondo pensione con almeno 100 euro all’anno, al fine di rendere il risparmio previdenziale una costante.
E non è tutto: la legge non solo è valida per i nati dal 1° gennaio 2025, ma in via transitoria anche per i bambini già nati dal 2020 che abbiano meno di cinque anni al momento dell’entrata in vigore.
Il requisito fondamentale per accedere al contributo è la residenza: i genitori devono essere stabilmente residenti in Trentino-Alto Adige da almeno tre anni, e il bambino deve risultare residente nella Regione al momento della nascita, dell’adozione o dell’affidamento, senza alcun requisito massimo di reddito familiare.
Una scelta culturale che diventa un modello di welfare
L’obiettivo dichiarato di questa misura non è quello di distribuire sussidi, ma piuttosto di avviare un cambiamento culturale che abitui le famiglie a pensare alla pensione sin dalla nascita dei figli.
Più che “bonus bebè” rappresenta dunque una “dote previdenziale” che, oltre a garantire un piccolo capitale per la pensione futura, potrà essere utilizzata – secondo i regimi di anticipazione della previdenza complementare – anche per progetti di vita come l’acquisto della prima casa o la formazione universitaria.
Un incentivo strutturato e stabile di questo tipo in Italia esisteva già in Friuli-Venezia Giulia (un’altra regione autonoma, ndr), dove però era soggetta a vincoli di reddito e possesso della Carta famiglia, mentre invece in Trentino-Alto Adige si tratta di una misura universalizzata che guarda un po’ al Frühstart Rente esistente in Germania (dove il contributo previdenziale è di 10 euro al mese per ciascuno bambino per i suoi primi 6 anni di vita).
Sono ad ogni modo interventi che mirano a combattere lo spopolamento e a favorire le nascite, offrendo alle famiglie un sostegno concreto, seppur dagli effetti non immediatamente visibili, ma in grado di “educare” alla previdenza.