‘Zero’: la vita nel barrio tra rap, fumetti e invisibilità

Dal 21 aprile è disponibile Zero, serie originale ideata da Antonio Dikele Distefano che racconta la periferia, tra rap, fumetti e un potere speciale.

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“Sono quello delle pizze, un modo come un altro per dire nessuno”: queste le prime parole con cui il protagonista di ‘Zero’ si definisce. Nero, nato a Milano e appassionato di manga giapponesi, Omar/Zero è l’invisibile, di nome e pure di fatto. Un ragazzo che fa da rider fa la spola tra la periferia del barrio e il centro bene del capoluogo e che diventa eroe moderno al servizio della collettività.

A firmare gli otto episodi originali, su Netflix dal 21 aprile, è Antonio Dikele Distefano alla sua prima fatica seriale. “Gli obiettivi sono uno stimolo per correre verso la migliore versione di se stessi” esordisce l’autore raccontando il progetto. “Sono partito come scrittore di romanzi e sono diventato scrittore di una serie. In ‘Zero’ c’è un po’ della mia storia e il protagonista è un ragazzo che impara ad accettare la propria diversità”.

Più che un supereroe Zero è un eroe del contemporaneo, calato in una realtà di eroi ha disperatamente bisogno. “Quando abbiamo iniziato a lavorare alla serie mi sentivo dire che non c’erano attori neri italiani”, continua Antonio. “Tutti pensavano che fosse un’idea impossibile. Questa serie è, invece, la dimostrazione che esistono, bisogna solo coinvolgerli e credo che sia una finestra per una rappresentazione migliore che parla di tutti i ragazzi neri italiani”.

“Non è la pelle ad accomunarci ma le emozioni che proviamo – spiega ancora Distefano – Omar è un ragazzo timido che vuole disegnare fumetti e spero che si parli di questo, non del colore della sua pelle”. L’autore non nasconde le difficoltà iniziali: “Quando abbiamo iniziato a pensare alla serie, sono partito dall’idea di un supereroe nero italiano, unendo diverse ispirazioni.

Sono appassionato di manga giapponesi e avevo in mente un personaggio con il potere di diventare invisibile. Questo discorso dell’invisibilità, inteso come metafora, si ispira anche a un film giapponese. E poi, c’è un aspetto più personale: da piccolo ero una persona le cui scelte dipendevano da quello che dicevano gli altri, vivevo la vita che gli altri volevano per me. Ecco, ho voluto unire tutte queste cose nella serie e nel suo protagonista”.

E il progetto, a mano a mano, ha preso forma sino ad approdare negli oltre 190 Paesi in cui il servizio streaming è attivo. “Vorrei che ‘Zero’ fosse la prima serie che racconti la normalità, non mi piace la parola diversity”, conclude l’autore e ideatore. “All’inizio ero scettico ma penso che anche l’aspetto leggero della serie, in un periodo come questo, sia la cosa migliore”.

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