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Cappella Sistina, il dettaglio "proibito" di Dio dipinto da Michelangelo che in pochi hanno notato

Un dettaglio minuscolo ma rivoluzionario si nasconde tra le volte più celebri del mondo

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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A più di cinque secoli dalla sua realizzazione, la Cappella Sistina continua a rivelare segreti. Ogni centimetro del soffitto dipinto da Michelangelo Buonarroti nasconde significati teologici, simbolici e, a volte, perfino provocatori. Tra i particolari meno conosciuti, ce n’è uno che ha lasciato di stucco anche gli storici dell’arte: Michelangelo sarebbe stato l’unico artista della storia a dipingere… il “di dietro” di Dio.

Il dettaglio nascosto nella volta più famosa del mondo

Il curioso dettaglio si trova nella scena intitolata “Dio che crea il Sole e la Luna”, uno dei riquadri centrali della volta della Cappella Sistina, inaugurata nel 1512 su commissione di Papa Giulio II. Qui l’Onnipotente appare due volte: una frontale, mentre impartisce la luce al Sole, e una posteriore, nell’atto di allontanarsi verso un’altra parte del firmamento. È proprio in questa seconda raffigurazione che Michelangelo compie qualcosa di impensabile: mostra Dio di spalle, con le natiche e le piante dei piedi visibili, velate appena da vesti mosse dal vento.

A notare per primo il particolare fu Timothy Verdon, storico dell’arte e direttore del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, durante una ricerca dedicata alla rappresentazione del corpo umano nell’arte sacra. Secondo Verdon, questo dettaglio non è un vezzo estetico, ma un’interpretazione teologica coraggiosa che affonda le sue radici nell’Antico Testamento.

Un gesto audace ma non blasfemo

Nel Libro dell’Esodo, Mosè chiede a Dio di poterlo vedere. Il Signore gli risponde che nessun uomo può contemplarne il volto e sopravvivere, ma che gli avrebbe mostrato le spalle mentre passava davanti a lui. Michelangelo, profondo conoscitore delle Scritture, sembra aver voluto tradurre letteralmente questo passo biblico, dipingendo Dio non solo di fronte, ma anche di dietro, come a restituire un gesto di intimità e mistero divino.

Secondo Verdon, la scelta di mostrare le spalle – e in parte il corpo – dell’Onnipotente non è provocatoria, ma un modo per umanizzare la potenza divina, rendendola percepibile attraverso l’arte. Il pittore toscano, che aveva già scandalizzato con i corpi possenti e sensuali del Giudizio Universale, non temeva le polemiche: la sua fede e la sua conoscenza della teologia gli permisero di muoversi ai limiti del sacro senza oltrepassarli.

Michelangelo, tra teologia e provocazione artistica

L’episodio del “Dio di spalle” rientra perfettamente nella personalità complessa di Michelangelo, artista che univa misticismo e audacia, devozione e ribellione. Il suo modo di rappresentare il divino non è mai statico: Dio è movimento, energia, tempesta. Anche in questa scena, il vento che gonfia le vesti suggerisce la forza creatrice che anima l’universo.

L’idea di mostrare il corpo del Creatore è quasi un atto di sfida ai canoni iconografici del tempo, quando Dio veniva rappresentato come un’entità distante e incorporea. Michelangelo invece lo rende vivo, corporeo, potente: un Dio che si muove nello spazio, che agisce, che esiste in carne e luce.

E se le vesti che lasciano intravedere le natiche possono sembrare un’irriverenza, in realtà sono un modo per esprimere la vicinanza di Dio all’uomo: un Dio che si rivela, ma non completamente, lasciando sempre un velo di mistero.

Un dettaglio invisibile ai più

Milioni di persone ogni anno alzano lo sguardo verso la volta della Cappella Sistina, ma pochi si accorgono di questo particolare. La scena si trova in alto, in una zona difficile da osservare, e il flusso dei visitatori rende quasi impossibile soffermarsi a cercarla. Ma il dettaglio c’è, ed è una delle tante prove della genialità di Michelangelo, capace di inserire messaggi nascosti in ogni pennellata.

Il suo “Dio di spalle” è un piccolo segreto custodito nella pittura più celebre del mondo, una firma ironica e devota insieme. La Cappella Sistina continua a essere studiata e reinterpretata, e ogni scoperta aggiunge un tassello al mito dell’artista. Il “dettaglio proibito” di Dio non toglie nulla alla sacralità dell’opera, ma anzi la arricchisce: mostra quanto la spiritualità del Rinascimento potesse convivere con l’audacia del genio umano.

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