Le esperienze pre-morte (Near Death Experience, NDE) rappresentano uno dei fenomeni più affascinanti e misteriosi della psicologia della coscienza. Chi le vive racconta spesso di visioni di luci intense, incontri con persone defunte, sensazioni di pace profonda o esperienze extracorporee, come l’impressione di osservare il proprio corpo dall’esterno.
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Psychology of Consciousness: Theory, Research, and Practice ha analizzato per la prima volta gli effetti psicologici e sociali di queste esperienze, coinvolgendo 167 persone che hanno dichiarato di aver vissuto una NDE.
- Un cambiamento profondo nel modo di vivere e percepire il mondo
- Tra paura e rinascita: quando l’esperienza diventa una sfida
- Quando chiedere aiuto diventa segno di forza
- Verso una nuova consapevolezza nella cura dei pazienti
Un cambiamento profondo nel modo di vivere e percepire il mondo
Dalla ricerca emerge che le esperienze pre-morte possono diventare un punto di svolta esistenziale. Molti partecipanti hanno riferito di aver sviluppato un rinnovato senso di scopo nella vita, un desiderio di aiutare gli altri e una più forte consapevolezza di essere parte di un tutto più grande.
Tuttavia, non sempre questi cambiamenti sono semplici da gestire. Alcuni sopravvissuti raccontano di aver provato difficoltà a dare un senso all’esperienza, soprattutto quando essa mette in crisi le proprie convinzioni religiose o scientifiche. La dottoressa Marieta Pehlivanova, del Dipartimento di Psichiatria e Scienze Neurocomportamentali dell’Università della Virginia, sottolinea come molti facciano fatica a comunicare ciò che hanno vissuto o a integrare i nuovi valori e priorità nella vita quotidiana.
Tra paura e rinascita: quando l’esperienza diventa una sfida
Secondo i ricercatori, le NDE possono avere effetti positivi duraturi, come la riduzione della paura della morte e una maggiore compassione verso il prossimo. Tuttavia, in alcuni casi emergono anche sentimenti di angoscia e isolamento, poiché chi ha vissuto un’esperienza simile teme di essere giudicato o frainteso.
Lo studio rivela che chi riceve una reazione di accettazione e ascolto quando racconta la propria storia tende a descrivere il supporto ricevuto come particolarmente utile. Al contrario, la mancanza di comprensione da parte di familiari o professionisti può aggravare il senso di smarrimento e solitudine.
Quando chiedere aiuto diventa segno di forza
Un altro dato interessante riguarda il rapporto tra intensità dell’esperienza e ricerca di supporto. Chi ha vissuto una NDE particolarmente intensa è più propenso a chiedere aiuto psicologico o spirituale. Anche le persone con precedenti difficoltà psicologiche mostrano una maggiore tendenza a cercare sostegno, mentre chi dichiara di avere una buona salute mentale tende a gestire l’esperienza in modo più autonomo. I ricercatori ipotizzano che ciò possa dipendere da una maggiore resilienza mentale o dal fatto che queste persone abbiano già ricevuto un supporto convalidante in passato.
Verso una nuova consapevolezza nella cura dei pazienti
“Il nostro obiettivo è comprendere meglio i bisogni di supporto di chi ha vissuto un’esperienza pre-morte e aiutare il sistema sanitario a fornire una risposta più empatica e olistica”, spiega la dottoressa Pehlivanova.
La ricerca invita a formare gli operatori sanitari affinché siano in grado di riconoscere e accogliere il vissuto di questi pazienti, colmando il divario tra esperienza personale e assistenza clinica. Le esperienze pre-morte non sono solo racconti ai confini della vita, ma testimonianze di una profonda trasformazione interiore, capaci di mettere in discussione ciò che crediamo di sapere su coscienza, morte e rinascita.