La bevanda che può far “rimpicciolire” il cervello: lo studio

Uno studio recente mette in guardia anche dal consumo moderato di bevande alcoliche ma il dibattito è aperto.

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Un’alimentazione sana e corretta è fondamentale per mantenere in salute il nostro organismo a lungo. E gli studi sulla correlazione tra cibi o bevande ed eventuali patologie sono sempre più al centro della ricerca medica. Il sito inglese Express.co.uk riferisce, per esempio, di un’attenzione particolare nei confronti del legame fra stato cognitivo, demenza e abitudini alimentari. Se, infatti, contro il declino cognitivo ci sono oggi ancora pochi trattamenti davvero efficaci, la prevenzione diventa uno strumento prezioso.

Del resto, i dati dal Regno Unito parlano di 850mila persone affette da demenza ma questo numero è destinato purtroppo a crescere abbondantemente nei prossimi dieci anni. A fronte, dunque, delle cure ancora scarse, è importante adottare comportamenti preventivi e riconoscere con tempestività eventuali sintomi in modo da riuscire a intervenire con prontezza.

Una ricerca, nello specifico, avrebbe rilevato che alcune bevande possono avere l’effetto di accelerare il deterioramento del cervello causandone la restrizione. E diversi studi hanno già dimostrato che le dimensioni contano nel senso che un cervello più grande sarebbe associato a una maggiore capacità di sopportare danni. Quando, invece, l’organo si restringe, il soggetto può andare incontro a un declino importante delle funzioni cognitive con limitazioni delle porzioni cerebrali ristrette.

In questo processo, l’alcol, anche se assunto in quantità moderate, può incidere negativamente sul volume del cervello. Ad affermarlo sono i ricercatori dell’Università della Pennsylvania che hanno condotto uno studio su più di 36mila pazienti adulti. Le rilevanze meritano ulteriori approfondimenti soprattutto per capire in maniera più precisa quale sia il limite di consumo alcolico oltre il quale una bevanda può diventare pericolosa per il nostro cervello.

Il dibattito, sotto questo punto di vista, è aperto all’interno della comunità scientifica anche in considerazione delle linee guida del SSN attualmente in vigore.

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