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Le ultime parole orribili che le persone sentono prima di morire e nessuno se ne rende conto: lo dice la scienza

Le Agghiaccianti Ultime Parole che Alcune Persone Sentono Prima di Morire – e Nessuno se ne Accorge

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Molti di noi hanno sentito raccontare del “tunnel di luce”, una visione luminosa che apparirebbe nei momenti finali della vita. È un’immagine che ha attraversato culture e religioni, diventando quasi una consolazione collettiva sull’ignoto della morte. Ma se questa narrazione fosse solo parzialmente vera? E se, in realtà, l’esperienza della morte fosse ben più fredda, lucida e persino spaventosa?

Stando a recenti ricerche scientifiche, ciò che accade nel cervello nei secondi (e a volte minuti) successivi alla morte clinica è molto più complesso – e più inquietante – di quanto si pensasse.

Il cervello non si spegne subito: una coscienza che sopravvive

Quando una persona muore – ad esempio in seguito a un arresto cardiaco – il cuore smette di battere e il flusso di sangue verso il cervello si interrompe. Tuttavia, questo non significa che il cervello si spenga all’istante. Alcuni studi hanno dimostrato che una forma di attività cerebrale può proseguire anche per diversi minuti dopo la morte clinica, mantenendo attivi alcuni processi, tra cui l’udito.

Questo spiegherebbe perché alcune persone riportano esperienze vissute durante il periodo in cui erano tecnicamente “morte”. In alcuni casi, questi individui hanno riferito di aver sentito chiaramente i medici dichiarare l’ora esatta della loro morte, prima di essere rianimati.

Non si tratta solo di aneddoti. A sostenerlo è anche il dottor Sam Parnia, direttore della ricerca su rianimazione e terapia intensiva presso la NYU Langone School of Medicine. Il suo team ha condotto uno studio su pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco, raccogliendo testimonianze che convergono su un fatto impressionante: la coscienza potrebbe non svanire immediatamente dopo che il cuore si ferma.

“Ora del decesso: 8:25” – e tu sei ancora cosciente

Tra le testimonianze più disturbanti emerse dallo studio, alcune raccontano di pazienti che si sono “risvegliati” raccontando di aver udito chiaramente i medici pronunciare parole come “ora del decesso: 8:25”. Frasi fredde, pronunciate con tono clinico, che però sono rimaste impresse nella memoria di chi era considerato, per tutti, già morto.

Secondo Parnia, questo tipo di consapevolezza è possibile perché il cervello, per un breve lasso di tempo, può continuare a registrare informazioni anche dopo l’arresto cardiaco. Questo rende la morte un processo meno immediato e più sfumato di quanto si pensasse.

L’esperienza della morte: un viaggio soggettivo

Ogni esperienza di morte è unica. Alcuni raccontano visioni luminose, incontri con cari defunti, o una profonda sensazione di pace. Altri, invece, descrivono sensazioni angoscianti: come essere immersi in acqua ghiacciata, o sentire un senso opprimente di solitudine e disorientamento. Questa enorme variabilità potrebbe essere dovuta al modo in cui le diverse aree del cervello si spengono a velocità diverse, creando esperienze frammentate, spesso inspiegabili.

Inoltre, la percezione del tempo può alterarsi radicalmente in quei momenti. Alcuni pazienti riferiscono di aver vissuto “ore” o addirittura “giorni” in una sorta di sogno lucido, mentre erano clinicamente morti solo per pochi minuti.

Un confine sempre più sottile tra vita e morte

Questi studi stanno lentamente riscrivendo il modo in cui comprendiamo la morte. La linea che separa la vita dalla fine è molto più sottile, e in alcuni casi, più permeabile di quanto si credesse. Il concetto stesso di “morte” potrebbe cambiare nei prossimi anni, man mano che la ricerca neuroscientifica avanza.

Ma una cosa è certa: la prossima volta che penseremo alla morte come a un passaggio dolce e silenzioso, dovremo forse considerare anche un’altra possibilità. Che le ultime parole che sentiamo non siano una voce celestiale, ma quella fredda e distante di un medico che pronuncia il nostro verdetto finale.

 

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