Negli ultimi anni sono diventati un must-have per chi passa molte ore davanti al computer: gli occhiali con filtro per la luce blu promettono di proteggere la vista, ridurre l’affaticamento oculare e perfino migliorare il sonno. Questo è quello che ci hanno sempre detto. Ma dietro il loro successo c’è più marketing che scienza. A dirlo sono gli esperti, che invitano a guardare con occhio critico – è proprio il caso di dirlo – a questa tendenza.
- La verità sulla luce blu
- Perché allora ci sentiamo gli occhi stanchi?
- Cosa dicono gli studi
- Cosa funziona davvero
La verità sulla luce blu
La luce blu esiste davvero, e non è affatto una novità. È una componente naturale dello spettro luminoso, presente nella luce solare, nelle lampadine a LED e ovviamente negli schermi dei nostri dispositivi. Anzi, il nostro organismo la utilizza per regolare il ritmo sonno-veglia e mantenere attivo l’orologio biologico.
Il problema, però, nasce quando la luce blu viene trasformata nel “cattivo” da combattere. L’idea che sia la principale causa di affaticamento visivo o danni alla retina è, semplicemente, una leggenda metropolitana moderna.
Secondo l’American Academy of Ophthalmology, non esistono prove scientifiche solide che dimostrino un danno oculare diretto causato dalla luce blu emessa da smartphone, tablet o computer. Gli studi più recenti indicano che la quantità di luce blu proveniente dagli schermi è troppo bassa per provocare problemi strutturali alla retina.
Perché allora ci sentiamo gli occhi stanchi?
La risposta è più semplice di quanto si pensi: non c’entra la luce blu, ma le nostre abitudini. Quando fissiamo uno schermo per ore, sbattiamo le palpebre molto meno del normale – circa un terzo delle volte – e questo causa secchezza, irritazione e bruciore. È la cosiddetta sindrome da visione al computer, una condizione sempre più diffusa in chi lavora o studia davanti a display luminosi.
A peggiorare la situazione ci si mettono la postura scorretta, la distanza eccessiva o troppo ridotta dal monitor, e un’illuminazione ambientale inadeguata. In pratica, il problema non è la luce blu, ma il modo in cui usiamo i nostri dispositivi.
Cosa dicono gli studi
Un’analisi pubblicata sul Cochrane Database, che ha raccolto i risultati di 17 studi clinici, ha concluso che gli occhiali con filtro per la luce blu non apportano benefici significativi. Nessun miglioramento nel comfort visivo, nessuna riduzione dei sintomi di affaticamento, nessun impatto sulla qualità del sonno. In sostanza, indossarli o meno non cambia nulla.
Gli esperti sottolineano anche come le promesse di “protezione estrema” o di “tecnologia certificata” siano più slogan pubblicitari che realtà scientifiche.
Cosa funziona davvero
Chi vuole ridurre l’affaticamento visivo può contare su strategie molto più semplici (e gratuite). La prima è la regola del 20-20-20: ogni 20 minuti, guardare un oggetto a circa 6 metri di distanza per 20 secondi. Questo consente agli occhi di rilassarsi e ripristinare la naturale lubrificazione. È utile anche mantenere una distanza adeguata dallo schermo (60 cm per il computer, almeno 40 cm per lo smartphone) e curare l’illuminazione dell’ambiente, evitando di lavorare al buio con lo schermo come unica fonte di luce.
Infine, regolare la luminosità del monitor in base alla stanza è un gesto semplice ma fondamentale: uno schermo troppo brillante o troppo fioco costringe gli occhi a uno sforzo inutile.
Dietro agli occhiali anti-luce blu c’è un mercato multimiliardario che sfrutta una paura molto attuale: quella di “danneggiare” gli occhi con la tecnologia. È un messaggio potente e rassicurante al tempo stesso: compra questo prodotto e sarai al sicuro. Ma se la luce blu fosse davvero così pericolosa, osservano gli esperti, non saremmo forse tutti ciechi dopo decenni di televisione o esposizione alla luce del sole, che contiene una quantità di luce blu immensamente superiore?
Gli occhiali con filtro blu non fanno male, ma nemmeno mantengono le promesse per cui spesso vengono acquistati. Chi soffre di disturbi visivi o mal di testa legati all’uso dei dispositivi dovrebbe rivolgersi a un oculista e non a una pubblicità sui social.