Quando pensiamo agli alieni ci vengono in mente flotte di astronavi che viaggiano tra le stelle, omini verdi dall’aspetto inquietante, oppure rapimenti assurdi con fasci di luce. C’è chi invece crede che il silenzio del cosmo sia il segno che siamo soli nell’universo. Secondo un recente studio della NASA, invece, la verità è diversa e potrebbe essere molto più semplice e disarmante. E il motivo per il quale non abbiamo ancora avuto un contatto con gli alieni è perfettamente spiegabile.
- Perché non abbiamo ancora avuto un contatto con gli alieni? Il principio della “monotonia radicale”
- Il silenzio cosmico e le distanze impossibili: tutte le visioni a riguardo
Perché non abbiamo ancora avuto un contatto con gli alieni? Il principio della “monotonia radicale”
Andiamo con ordine e partiamo dal principio in questione: forse non abbiamo ancora incontrato gli alieni perché non sono poi così diversi da noi, né tanto più avanti tecnologicamente.
L’astrofisico Robin H.D. Corbet, del Goddard Space Flight Center della NASA, ha proposto un’ipotesi che ribalta il Paradosso di Fermi: dove sono tutti?
Forse non ci siamo ancora incontrati perché gli alieni non sono affatto civiltà super evolute, ma società simili alla nostra, solo leggermente più avanzate, e pertanto non disporrebbero neppure loro di tutta la tecnologia necessaria per raggiungerci.
La sua teoria, chiamata principio della monotonia radicale, suggerisce che le civiltà intelligenti della galassia abbiano raggiunto livelli tecnologici comparabili e non dispongano di astronavi iperveloci, megastrutture come le sfere di Dyson o tecnologie basate su leggi ancora sconosciute dalla fisica terrestre. In pratica, gli alieni non sarebbero né divinità cosmiche né fantasmi inafferrabili: solo esseri tecnologicamente “normali”, magari addirittura annoiati dall’esplorazione spaziale.
Il silenzio cosmico e le distanze impossibili: tutte le visioni a riguardo
Non tutti, però, sembrano concordare con questa visione. Secondo Claudio Grimaldi dell’EPFL, il problema è più pratico che filosofico: la Terra potrebbe trovarsi in una sorta di “spugna cosmica”, dove i segnali elettromagnetici viaggiano in spazi vuoti enormi e difficili da attraversare. In appena sessant’anni di ricerca radio, forse non abbiamo ancora ascoltato a sufficienza.
I suoi calcoli stimano che potrebbero volerci da sessanta a duemila anni prima di captare una vera tecnofirma aliena. Altri studi indicano che – per esempio – l’esistenza di circa 36 civiltà intelligenti nella Via Lattea, distanti in media 17mila anni luce l’una dall’altra creerebbe già di per sé un abisso che rende improbabile ogni contatto diretto, almeno con le nostre attuali tecnologie.
E così, mentre in molti pensano che il nostro sistema solare sia troppo “noioso” per attirare visitatori, altri credono che la Terra venga protetta come un raro ecosistema. In ogni caso, fino a prova contraria, restiamo soli in un universo silenzioso ma pieno di possibilità.
Dunque, la verità potrebbe non risiedere in quello che l’immaginario collettivo e la cultura pop con tanto di contaminazione cinematografiche ci hanno proposto per anni. Le astronavi ipertecnologiche e i complotti interstellari possono essere in gran parte frutto della nostra fantasia, ma in una disarmante normalità. Forse, stando a quello che ci suggerisce Corbet, stiamo andando alla ricerca un salto quantico di civiltà, quando dovremmo aspettarci una popolazione aliena che naviga invece sulle stesse difficoltà tecnologiche e le stesse immense distanze che affliggono noi.