La frase non c’è trippa per gatti sta a significare che, al fine di ottenere qualcosa, si deve lottare e ci si deve dar da fare in prima persona. In altre parole, in momenti di penuria o di difficoltà non si possono cercare soluzioni alternative, troppo comode, e non ci si può aspettare che le cose ci piovano addosso agevolmente, senza faticare, quali regali da parte di terze persone. Il proverbio popolare non si riferisce ovviamente solo al cibo (come la parola trippa potrebbe erroneamente far pensare), ma in linea generale a qualunque tipo di privilegio.
Ora che abbiamo compreso il significato comune di uno dei più noti modi di dire italiani, scopriamo perché si dice proprio non c’è trippa per gatti. Il primo ad utilizzare questa formula fu Ernesto Nathan, sindaco di Roma tra il 1907 e il 1913. Nato nel 1845 in Inghilterra, a Londra più precisamente, era un progressista massone e si assunse l’onere di riordinare le finanze romane. A tal fine, tra le altre cose, contrastò la speculazione edilizia e favorì l’istruzione scolastica laica. Le sue prese di posizione, pur non molto popolari, diedero i loro frutti: per questa ragione ottenne l’appellativo di “sindaco della modernità”.
Ebbene, all’inizio del suo mandato, il bilancio comunale era in rosso ed Ernesto Nathan analizzò tutte le voci di spesa al fine di riuscire a migliorare la situazione capitolina. Un’uscita considerevole era rappresentata dal mantenimento dei gatti, incaricati di cacciare i topi che rosicavano i documenti presenti negli archivi e negli uffici del Campidoglio. Il sindaco dichiarò, quindi, che il comune non si poteva più permettere di sfamare i felini di Roma con la trippa, uno dei più prelibati piatti tipici italiani. E così, su un documento ufficiale, qualcuno scrisse l’espressione, poi passata alla storia, “Nun c’è trippa pe’ gatti”.
Da quel momento i gatti avrebbero dovuto provvedere al proprio sostentamento autonomamente, mangiando proprio quei topi pericolosi per gli atti e i certificati. Questa scelta fu assolutamente vincente e proficua, tanto che nei conti di Roma si videro dei benefici immediati. Ancora oggi si usa, con un certo orgoglio, la frase “non c’è trippa per gatti” per indicare che non c’è nessuna speranza che una determinata cosa venga concessa. Questa locuzione romanesca, ma usata ormai in tutta Italia, assume il significato di “non c’è scampo”, “non ce n’è per nessuno“. In altre parole, non c’è alcuna possibilità di ottenere qualcosa.