Dal 2010 ad oggi si è ridotta la presamale in musica

Basta presamale: una ricerca ha evidenziato che dal 2010 le canzoni tristi sono sempre meno

8 Febbraio 2019

Basta presamale: da qualche anno le canzoni tristi sono sempre meno. E, in pieno Sanremo, la notizia è destinata a fare ancora più scalpore.

A evidenziare questo dato è una ricerca pubblicata da Royal Society of Open Science che, in base alla convinzione secondo cui gli accordi maggiori tirino su il morale e quelli minori siano invece meno rincuoranti, ha analizzato circa 90 mila canzoni scritte in lingua inglese da musicisti provenienti da tutto il mondo a partire dal 1950.

La ricerca della Indiana University-Bloomington si intitola “The minor fall, the major lift”, in riferimento al testo del famoso brano di Leonard Cohen intitolato “Hallelujah”.

Gli studiosi hanno preso in considerazione gli accordi utilizzati nelle canzoni e hanno giudicato la valenza emotiva dei testi usando una scala comunemente adottata nelle scienze sociali, che classifica le parole su una scala da 1 a 9 in termini di positività emotiva. “Love” (amore), ad esempio, è una parola valutata 9, mentre “Pain” (dolore) è classificata 1.

In questo modo si è scoperto che le canzoni tristi sono in declino, con un momento di svolta preciso: dopo un’ascesa nel periodo compreso tra il 1950 e il 2010, infatti, sono diventate meno frequenti a partire da quest’ultimo anno. Ok, ma perché? I ricercatori non hanno offerto una risposta in merito all’improvviso cambio di rotta, limitandosi a dire che serviranno ulteriori studi.

Da un punto di vista  geografico, la ricerca ha paragonato le canzoni provenienti da Asia, Australia, Nord America, Scandinavia e Europa Occidentale. Le canzoni asiatiche sono risultate avere testi più positivi mentre i cantanti scandinavi si sono dimostrati più cupi.

Bisogna sottolineare, però, che il legame tra la valenza emotiva dei testi e gli accordi potrebbe non essere universale in tutto il mondo. Ad esempio, in Scandinavia i testi più “felici” presentano accordi maggiori, mentre in Asia sono legati ad accordi indifferentemente maggiori o minori.

Un’ulteriore precisazione: tutte le canzoni analizzate sono in lingua inglese, ma si deve tenere in considerazione che un testo scritto in inglese da un autore non madrelingua potrebbe non essere aderente al 100% all’intenzione emotiva di chi lo ha scritto.

La ricerca della Indiana University-Bloomington dedica un focus anche ai generi delle canzoni: non sorprenderà sapere che le canzoni più cupe sono quelle metal e punk, a differenza ad esempio dei classici rock degli anni Sessanta.

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