Prossima variante COVID può essere più grave, avvertono i medici

Una ricerca che arriva dal Sud Africa mette in guardia da una nuova ondata virale più grave delle varianti Covid attuali.

30 Novembre 2022

Le infezioni da Covid19 continuano a colpire a ogni latitudine, a dimostrazione che l’epidemia è ancora pienamente in corso. È importante, dunque, non abbassare mai la guardia e proseguire con le buone abitudini anti-contagio, quali distanziamento sociale e uso dei dispositivi di protezione individuale. E come ormai il virus ci ha insegnato, le varianti sono dietro l’angolo tanto che gli ultimi studi suggeriscono che una nuova variante del Coronavirus potrebbe affacciarsi presto e con particolare gravità.

La ricerca arriva dall’Africa Health Research Institute a Durban, in Sud Africa, dove alcuni ricercatori sono giunti alla conclusione che la prossima variante che investirà la popolazione mondiale è destinata a essere più grave dei ceppi attualmente dominanti. La variante Omicron, in particolare, ha iniziato a diffondersi circa dodici mesi fa, mostrandosi molto infettiva ma relativamente lieve nella sintomatologia rispetto alle versioni precedenti del virus. Così, in un primo tempo, i medici hanno pensato si trattasse di un iter discendente tale per cui il Coronavirus fosse destinato a indebolirsi sempre più.

In realtà, la prospettiva potrebbe ribaltarsi completamente, alla luce degli studi condotti su un paziente HIV immunodepresso colpito dal Covid19 per ben sei mesi. È emerso, infatti, che il Coronavirus è mutato nel tempo determinando un aumento della morte cellulare e un aggravamento dell’infiammazione polmonare simile agli effetti del ceppo originario. Il virus, quindi, sarebbe in grado non solo di sopravvivere nei pazienti con carenze immunitarie ma anche di evolversi in maniera grave.

Questo perché gli immunodepressi non riuscirebbero a eliminare completamente l’infezione, permettendo così al virus di replicarsi e mutare nel loro stesso corpo. Da qui, dunque, il passaggio ad altri soggetti in una variante alterata. Lo studio è solo a un primo stadio, quindi propone un quadro possibile ancora da verificare ma ancora una volta evidenzia l’importanza della vaccinazione per far fronte a una nuova ondata virale.

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