Se vai a dormire a quest'ora sei a rischio di malattie cardiache

La cronologia delle nostre giornate incide sul nostro metabolismo: ecco quando andare a dormire per ridurre il rischio di malattie cardiache

4 Ottobre 2022
Fonte: 123RF

Preferite il giorno o la notte? La mattina o la sera? E sapete che, a seconda della vostra scelta, avete più o meno possibilità di essere esposti al rischio di malattie cardiache?

C’è chi ama svegliarsi presto perché così facendo riesce ad organizzarsi al meglio la giornata perché, come si suol dire, il mattino ha l’oro in bocca. C’è chi invece lavora meglio tirando tardi, magari anche rimanendo sveglio tutta la notte… Ma chi di loro ha ragione? Chi fa meglio alla sua salute?

Partiamo dal principio e andiamo con ordine. Secondo un nuovo studio pubblicato dalla Rutgers University del New Jersey, ad essere più a rischio rispetto al possibile sviluppo di malattie cardiache sono le persone nottambule. Il ‘tirare tardi’, infatti, incide in maniera determinante sull’equilibrio del corpo umano e sulle sue funzioni.

Praticamente, i nottambuli hanno una ridotta capacità di utilizzare e bruciare i grassi necessari per l’energia da impiegare nelle loro attività a causa dei cambiamenti che la notte porta nel corpo e nel metabolismo. Di conseguenza, questi grassi si accumulano nell’organismo, aumentando il rischio di sviluppare malattie cardiache e altre patologie generalmente provocate dall’accumulazione lipidica.

D’altro canto, le persone mattiniere, essendo più attive nelle prime ore del giorno, tendono a bruciare più grassi per ottenere energia per le loro attività quotidiane. Dettagli che sul lungo tempo danno loro un certo vantaggio su coloro che preferiscono far tardi la notte. I più mattinieri sono più attivi fisicamente e hanno livelli di forma fisica generalmente più elevata rispetto ai nottambuli, che tendono ad essere più sedentari durante il giorno.

In conclusione, la cronologia delle nostre giornate incide in maniera decisiva sul nostro metabolismo e sull’azione degli ormoni, tanto è vero che gli studiosi hanno previsto la possibilità che venga utilizzata come fattore di previsione del rischio di malattia di un individuo.

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