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Storia di peperoni e peperoncini millenaria: lo studio rivelatore

Un team internazionale di ricercatori ha ricostruito la storia genetica di questi gustosi prodotti

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Peperoni e peperoncini ormai non hanno più segreti. Spesso presenti sulle nostre tavole, si tratta di una coltura millenaria che si è evoluta in tutto il mondo. Un team internazionale di ricercatori coordinato dal Crea e dall’Istituto tedesco Leibniz ne ha ricostruito la storia genetica, scoprendo quanto gusti culinari e tradizioni alimentari abbiano condizionato la biodiversità e la diffusione di questo prodotto, ma anche aprendo la strada a varietà resistenti al nuovo clima.

Come riporta l’Ansa lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica americana Pnas. Alla ricerca hanno partecipato Enea e Università di Torino analizzando oltre 10mila campioni del peperone Capsicum, custoditi nelle banche del germoplasma di oltre 130 paesi nel mondo. Sono state quindi sviluppate 26mila sequenze barcode del Dna, studiando la similarità tra regioni geografiche di appartenenza.

Così facendo si è scoperto che i peperoni allo stato selvatico sono tipici della regione andina e la loro prima domesticazione è avvenuta in Messico e in altre regioni dell’America meridionale, con un processo complesso simile a quanto è avvenuto per altre colture come ad esempio il mais.

Poi sono stati identificati nuovi centri di diversità genetica in Europa Orientale, Africa e Sud Est Asiatico e individuate le diverse rotte commerciali che hanno permesso la diffusione e diversificazione del peperone e del peperoncino. Le tipologie dolci hanno seguito le orme dei mercanti portoghesi tra il Centro-Sud America e l’Europa per poi diffondersi attraverso la via della seta. La via delle spezie, invece, potrebbe aver determinato la maggiore diffusione delle varietà piccanti nelle aree del Sud est asiatico.

Questo studio è importante anche perché apre nuove interessanti prospettive, come spiega il coordinatore Pasquale Tripod del Crea: “Grazie, infatti, alle informazioni genomiche raccolte sarà possibile lavorare a nuove potenziali varietà migliorate e scegliere nuove aree verso le quali destinare le produzioni, sempre in un’ottica di resilienza al cambiamento climatico e di sostenibilità ambientale”.

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