'Wannabe', Dolcenera: "Non dobbiamo aver paura della paura"

‘Wannabe’ è l’ultimo singolo di Dolcenera che ha coinvolto Laioung in un brano che lancia un messaggio contro la paura. La nostra intervista.

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Venerdì 27 marzo è uscito su tutte le piattaforme digitali ‘Wannabe’, singolo di Dolcenera che ha deciso di pubblicare in queste settimane difficili un brano che vuole andare contro un mondo fatto di apparenze, iper-connesso ma spesso troppo poco solidale. Ce lo racconta la stessa cantautrice.

Come mai un singolo proprio in questo momento?
Sembra davvero che ci troviamo in un momento che fa da spartiacque, in cui siamo divisi davanti a due strade. Il testo di ‘Wannabe’ mi sembrava non cacofonico rispetto a questa realtà e al momento storico. Ho deciso, quindi, di far uscire un pezzo che fosse parte reale del mio lavoro, anche in un periodo in cui lo streaming fa meno numeri.

Dimostri anche questa volta di essere un artista controcorrente, per molti aspetti…
Sono convinta che una canzone o un album debba maturare, debba avere un senso. Come artista devi avere uno sguardo sul mondo per non essere troppo anacronistico ma poi devi sincronizzarti sul tuo animo. E forse sono sempre stata in quarantena perché mi sono sempre dedicata molto tempo, chiusa in casa per seguire ogni canzone dalla a alla z. In solitudine, in fondo, ci sono sempre stata e in tanti momenti sono stata assente dai social… Mi sento soffocata dalla fretta, dall’ansia e dalla velocità del mercato.

Quando è nata ‘Wannabe’ e come mai hai coinvolto un artista come Laioung?
Il pezzo era pronto per uscire già da due anni e proprio nel 2018 ho conosciuto Laioung. Lui mi ha colpito per il suo essere musicista, si autoproduce i pezzi, ha una storia multirazziale, è un ragazzo con dei valori.

Oltre a quello legato all’apparenza, un altro tema che emerge dal brano è la paura, o meglio la paura della paura: ce ne parli?
Io dico: non avere paura della paura. Non intendo quella sana, di sopravvivenza. A livello fattuale, per esempio, ora quello che non mi fa cedere è la riflessione: sento che c’è bisogno di riflettere sui meccanismi e sulle relazioni umane. Ma anche sulle relazioni fra gli stati, sui politici, sulla comunicazione della politica, su come si sta muovendo il mondo di fronte alla pandemia. Fa trovare lucidità e memoria: quest’ultima ci aiuterebbe tanto, a capire noi stessi e le nostre relazioni con gli altri. Mettiamo in atto la memoria.

E dopo la riflessione, cosa vedi?
È un momento di sconvolgimento, siamo di fronte a due strade: da una parte c’è la condivisone totale e dall’altra l’egocentrismo, il mettere se stessi prima degli altri. Non so quale delle due vie imboccheremo… In Europa vedo chi si dimostra democratico e chi invece ne mina le basi, come l’Ungheria. E c’è poi chi, come la Germania, pone dei veti addirittura per motivi di cultura e lingua perché in tedesco ‘colpa’ e ‘debito’ si dicono allo stesso modo. Mi hanno colpito, invece, le parole del Papa, quando ha fatto riferimento a un mondo accelerato che mette davanti i principi economici e quando ha parlato della presunzione di essere sani in un mondo malato.

In questi giorni di isolamento stai continuando a scrivere? Che progetti hai?
La scrittura continua, sempre. Non so di che cosa ho bisogno ora o di cosa avrò bisogno nel futuro. Quando soffro, però, non riesco a scrivere, scrivo per lo più quando sono felice, ovvero una volta superata la difficoltà. Passo attraverso un problema e poi arrivo al pensiero universale, come fosse un insegnamento. Sarà per questo, credo, che racconto un pensiero più lungo e forse più complicato.

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