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Abbiamo superato il 7° limite di sicurezza per il Pianeta: l'allarme degli scienziati

Il report Planetary Health Check 2025 lancia un avvertimento senza precedenti: con l'acidificazione degli oceani, sono sette i sistemi vitali spinti oltre la soglia di sicurezza

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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L’umanità sta superando i limiti operativi sicuri per il nostro Pianeta. Questo è il severo giudizio espresso da Johan Rockström, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research, in seguito alla pubblicazione del rapporto Planetary Health Check 2025. Per la prima volta, anche il confine relativo all’acidificazione degli oceani è stato violato, portando a sette su nove il numero totale di sistemi vitali del Pianeta spinti in zona di rischio.

Secondo gli esperti del PIK, questa situazione aumenta notevolmente la probabilità di innescare una destabilizzazione irreversibile dell’intero ecosistema terrestre. I sette limiti ormai superati o in zona di alto rischio sono: cambiamento climatico, integrità della biosfera, cambiamento del sistema terrestre, l’uso dell’acqua dolce, i flussi biogeochimici (azoto e fosforo), l’introduzione di nuove entità (come plastica e inquinanti chimici) e, ora, l’acidificazione degli oceani. Il trend per tutti questi sistemi è purtroppo in peggioramento.

L’assorbimento di CO2 danneggia la vita marina

Il focus principale del report 2025 è il peggioramento della salute degli oceani. L’assorbimento continuo di anidride carbonica (CO₂), in larga parte emessa dalla combustione di combustibili fossili, sta modificando la chimica marina a ritmi mai registrati. Dall’era pre-industriale, il pH superficiale degli oceani è diminuito di circa 0,1 unità, che equivale a un incremento dell’acidità del 30-40%.

Questo fenomeno ha effetti diretti sulla vita marina. L’indicatore scientifico monitorato, lo stato di saturazione dell’aragonite, è sceso al valore di 2,84, superando la soglia di sicurezza di 2,86, che è stata peraltro ricalibrata in modo più stringente. L’acidificazione rende difficile per organismi cruciali come coralli, molluschi e plancton costruire i loro gusci e scheletri. Gli effetti sono già tangibili: piccole lumache di mare, gli pteropodi, che sono alla base di molte catene alimentari, mostrano già segni di danneggiamento del guscio. Un loro declino minaccia di innescare gravi effetti a cascata sull’intero ecosistema.

L’oceanografa Sylvia Earle ha definito l’acidificazione come una “spia rossa” sulla stabilità della Terra: “Ignorandola, rischiamo di far crollare le fondamenta stesse del nostro mondo vivente”.

Interconnessioni a rischio

Il superamento di un nuovo confine non è mai un evento isolato, ma evidenzia la profonda interconnessione tra i sistemi del Pianeta. Un danno in un settore amplifica le pressioni sugli altri, moltiplicando i rischi globali e locali.

Come sottolineato da Boris Sakschewski, co-responsabile del laboratorio, le “interconconnessioni tra i confini planetari mostrano come un pianeta sotto pressione… possa avere un impatto su tutti, ovunque”. Per assicurare la prosperità umana, diventa cruciale adottare un approccio olistico che riconosca e gestisca il Pianeta come un unico, complesso organismo interdipendente.

Invertire la rotta è possibile

Nonostante il quadro desolante, il rapporto mantiene una nota di speranza. Due limiti planetari sono ancora all’interno della zona sicura: il carico di aerosol atmosferico e l’assottigliamento dello strato di ozono stratosferico.

Questi risultati non sono arrivati per caso, ma sono il frutto di decenni di azioni internazionali coordinate, come il fondamentale Protocollo di Montreal per l’ozono e le normative globali sulle emissioni inquinanti. Le emissioni globali di aerosol sono in calo e lo strato di ozono è in gran parte recuperato.

Questo dimostra che, dove c’è la volontà politica e la cooperazione globale, è possibile invertire le tendenze negative. Johan Rockström è chiaro: “Stiamo assistendo a un diffuso declino della salute del nostro Pianeta. Ma questo non è un risultato inevitabile… La finestra di cura è ancora aperta. Il fallimento non è una fatalità, ma una scelta. Una scelta che deve e può essere evitata”.

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