Come si crea un video musicale secondo il regista Fracchioni

Come si fa un video musicale? Francesco Fracchioni, regista di diversi videoclip di cantanti di successo, ci ha raccontato tutte le fasi passo per pas

23 Maggio 2018

Il videoclip musicale è stato il protagonista di una grandissima evoluzione dai tempi dei vj e della tv fino ad oggi con i social e YouTube che la fanno da padrone. Cambiano i linguaggi e anche le tecniche utilizzate per realizzare un video musicale, sono disponibili videocamere poco costose e programmi gratuiti alla portata di tutti per montare piccoli videoclip amatoriali. Se però si vuole ottenere un lavoro più di impatto in grado di ottenere migliaia di visualizzazioni, è necessario curare in modo molto professionale ogni aspetto della realizzazione del videoclip, dalla pre-produzione alla produzione, per finire con la post-produzione.

Per farci spiegare le tre fasi necessarie per fare un video musicale di successo e per farci svelare qualche piccolo trucco del mestiere, abbiamo intervistato Francesco Fracchioni, regista di Mercury Film, che negli ultimi 10 anni ha diretto numerosi videoclip di successo per Gabry Ponte, Hardwell, Martin Garrix, Don Diablo, lo Zoo di 105, Radio DeeJay e Caparezza. Avendo ottenuto in totale 120 milioni di visualizzazioni su YouTube, Francesco ci ha accompagnati in questo viaggio nel mondo della musica che negli ultimi anni si è trasformato di pari passo con l’evoluzione del pubblico e dell’ecosistema digitale.

Tutte le canzoni si prestano per un video di successo o alcuni generi musicali riescono a comunicare meglio di altri attraverso un videoclip?
Non penso che ci sia un genere più adatto al videoclip di un altro, ma possiamo dire che si possono creare video musicali più fantasiosi con quelle canzoni che non ha un testo troppo importante, come spesso succede nella musica di genere dance.

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Il primo passo per realizzare di un video musicale è l’incontro tra il cantante o la band e l’agenzia che deve realizzarlo. Quali informazioni chiedi ai tuoi clienti per poter iniziare con il piede giusto ed evitare quelli che sono gli errori più comuni?

Sicuramente la prima cosa che si chiede al cliente e se ha già un’idea per il suo videoclip. Di solito i clienti vengono da te e ti dicono: “Guarda vorrei un video in cui succede questo, questo e quest’altro”. Non è detto che la loro sia l’idea migliore quindi è bene ascoltare la canzone insieme e arrivare a decidere l’idea finale per il videoclip.
La seconda cosa che chiedo sempre è il budget che è la base per creare un buon videoclip: puoi fare un video con 1.500 € o con 100.000 €. Il budget determina quello che si potrà fare o meno.
La terza cosa è il tempo che c’è a disposizione per consegnare il videoclip finito perché si possono avere delle idee geniali ma, se non c’è il tempo per metterle in pratica, si tende a ridimensionare il progetto.
L’errore più comune è quello di non pensare al budget: si tirano giù le idee pazzesche che poi non sono realizzabili e si rimane fregati in fase di produzione e post-produzione. Un altro errore che chi è meno esperto fa spesso in questa fase è il non fare un vero e proprio trattamento, script e storyboard del video musicale finale perché, se non hai in mente che cosa devi fare e come lo andrai a fare, rischi di finire in un tunnel senza uscita.

YouTube ha cambiato il modo di realizzare una sceneggiatura rispetto ad anni fa quando i video venivano realizzati principalmente per la tv?
YouTube ha cambiato il modo in cui si fruisce della musica: bisogna riuscire a trattenere lo spettatore per almeno 30 secondi davanti allo schermo perché YouTube funziona così: se la cosa non mi interessa passo al prossimo video senza guardarlo, quindi, se da regista non riesco a prendere lo spettatore e coinvolgerlo in 30 secondi, ho fallito nel mio lavoro.
YouTube ha portato i videomaker a dare il 100% nei primi 30 secondi: si cerca di dare tutto subito. Spesso lo si fa in una maniera inaspettata. Mi vengono in mente tutti quei videoclip che hanno delle lunghe intro prima delle canzoni. Si fa così perché YouTube ti permette di non avere limiti di tempo (cosa che la tv invece fa) e quindi di raccontare una storia più complessa di quella che puoi raccontare in 3 minuti di canzone.
In queste storie di solito si mettono delle scene forti e dei personaggi famosi in modo tale che il fan venga coinvolto e si guardi tutto il video. YouTube ha quindi rafforzato la presenza di personaggi famosi nei videoclip.

A questo proposito, per i video di Gabry Ponte avete scelto spesso degli youtuber popolari ed influencer. Che impatto hanno sulla realizzazione del videoclip e in base a quali criteri vengono scelti?
L’impatto è sicuramente fortissimo perché, quando fai un videoclip per YouTube, il metro di paragone per capire se è andata bene o male sono le visualizzazioni. Come nel cinema un grande attore attira il pubblico in sala, nei videoclip si coinvolgono personaggi famosi per lo stesso motivo, per fare ascoltare il pezzo. Lo scopo finale è quello di vendere un pezzo e di vendere un artista: il regista deve trovare tutti i modi possibili per svolgere questo compito.
I personaggi famosi hanno un impatto pazzesco. Spesso si utilizzano le webstar, personaggi come quelli che abbiamo utilizzato per il video di “In the town” di Gabry Ponte (per esempio Salvatore Aranzulla e gli Illuminati Crew tra gli altri) che vengono inseriti in un contesto che magari non è neanche loro. Per esempio, nel video “In the town” gli Illuminati hanno fatto i cowboy e Aranzulla ha fatto l’hacker. Così crei quel feeling con il pubblico che sorride vedendo questi personaggi e lì hai fatto centro perché l’effetto è virale.

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A questo punto come si passa dalla sceneggiatura e dallo storyboard al ciak?

La pre-produzione è una fase lunghissima perché ci sono tantissime cose da fare. Abbiamo parlato del cercare un’idea, ma non del concetto di abbinare le scene alle varie parti della canzone. Questa è una cosa importantissima in pre-produzione. Il regista deve pensare: “Questo ritornello funziona bene con quest’immagine, perfetto, lo metto per iscritto”. Non te ne rendi neanche conto ma in realtà stai già facendo uno script. Questo sarà poi fondamentale in fase di produzione, cioè quando si girerà.
Un’altra cosa importante della produzione è lo staff che lavora con te. Fare video è come fare uno spot televisivo o un film, quindi è un lavoro di squadra. Una produzione è in primis un lavoro sul piano umano e solo dopo sul piano tecnico, quindi il fatto che il team che scegli in pre-produzione è quello che lavora con te da sempre è un altro elemento fondamentale per arrivare tranquilli alla fase delle riprese.
Prima accennavo al trattamento, allo script e allo storyboard. Anche queste sono cose fondamentali: non bisogna tralasciare il fatto di dover mettere per iscritto tutto, anche perché lo dovremmo spiegare al cliente e dovremmo far capire alla produzione che tipo di videoclip andremo a realizzare.
Poi abbiamo ancora la scelta degli attori e l’inserimento di eventuali webstar, ma anche anche le comparse, i ballerini, i modelli, le modelle.
In questa fase vai a decidere l’organizzazione generale, per esempio le giornate in cui si effettueranno le riprese. Ci sono tutti quel giorno? Perfetto. La location è disponibile? Perfetto. Giriamo in esterna ma quel giorno le previsioni danno pioggia. Male, bisogna cambiare tutto. Dove trucchiamo gli attori? Avranno un camerino per cambiarsi? A che ora sarà la pausa? Prenotiamo il ristorante? Abbiamo le auto? Nulla deve essere lasciato al caso. Poi bisogna attrezzarsi, può essere necessario affittare del materiale per il giorno delle riprese.
L’ultima fase prima di riprendere è quella di informare: si fa una riunione tutti insieme, si parla del video, tutti devono essere informati su quello che si dovrà fare. Il direttore della fotografia deve sapere in che ordine realizzeremo le riprese e le tempistiche. Se hai fatto una buona pre-produzione, arrivi sul set tranquillo; se non l’hai fatta, nasce il famoso detto tra filmmaker del “fix it in post” (mettilo a posto in post-produzione) che è la cosa peggiore al mondo.

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Passiamo al ciak. Quali aspetti deve tenere in considerazione il regista durante le riprese? E quali sono gli errori più comuni in questa fase?

In questi anni ho imparato che puoi avere la tabella di marcia migliore al mondo, ma durante le riprese ci sarà sempre un piccolo intoppo. Uno dei più grandi errori che puoi fare in fase di riprese è non avere un piano B. Per esempio, la location esterna in cui avevi deciso di andare a girare non è più come quando l’hai vista perché magari ci sono dei lavori in corso che non avevi previsto. Preparati un piano B perché, nel bene e nel male, arriva sempre qualcosa che non è come te l’aspettavi. Superato l’intoppo, l’unica cosa che puoi fare è seguire la tabella di marcia e lasciarti trascinare dal flusso di lavoro.
Questa è un’altra cosa fondamentale perché il video musicale prende vita mentre lo giri, il regista è il fulcro di tutto, è come se fosse una piramide al vertice del quale ci sono lui, il direttore della fotografia e la produzione.
In fase di ripresa il regista è fondamentale: deve tenere sempre in mente l’idea alla base del video e mantenere alto il morale delle persone. Infatti si può andare avanti avanti a lavorare anche per 10 ore, bisogna tenere duro. Ci si riposerà solo alla fine.

Per fare 2 minuti di videoclip, in media quante ore di girato fai?
Dipende dal videoclip. Se è un videoclip con il playback, quindi con il cantante o gruppo che sta cantando e poco altro, allora non si registrano troppe ore (in media 3 o 4 ore). Quando invece il video musicale è più complesso, non c’è una vera e propria media e si va dalle 5 ore anche alle 15, tanto con il digitale non ci sono limiti e si girano anche più alternative.

Passiamo ora alla post-produzione. È la fase in cui entrano in gioco gli effetti speciali. Quali sono quelli che vengono utilizzati maggiormente nei videoclip musicali?
Il videoclip moderno ha tantissimi effetti speciali: è inevitabile che si usino anche proprio per ottenere quel feeling tipico dei videoclip.
Gli effetti speciali più utilizzati in realtà sono quelli più semplici, ma dobbiamo fare chiarezza anche tra i tipi di effetti speciali che esistono. Una dissolvenza fatta in un certo modo si può considerare effetto speciale. Per esempio, stiamo inquadrando una casa con una ripresa con panoramica da sinistra verso destra e una colonna può fare da transizione: scorre la telecamera e la colonna fa da transizione con un’altra scena magari girata in esterna. Quello, anche se può sembrare molto semplice, in realtà è un effetto speciale.
È un effetto speciale molto utilizzato anche il filtro che serve per ammorbidire e pulire la pelle degli attori. Può essere applicato su una ragazza bellissima, ma alla quale la luce ha fatto venire fuori un po’ di rughetta o un po’ di ombra sotto gli occhi. Oppure per un attore che ha dei bellissimi occhi blu e vogliamo farli risaltare. È qui che entra in gioco l’effetto speciale. Mi viene in mente anche la cancellazione di un elemento dallo scenario. Per esempio c’è un cartello stradale che è bruttissimo: non possiamo rimuoverlo e modificare la viabilità stradale, quindi lo togliamo in post-produzione con la computer grafica.
Oppure l’effetto speciale più complesso che è quello del green screen dove elimino il verde di fondo per aggiungere quella che è l’ambientazione decisa per quella scena. Questa è la sostituzione dello sfondo. Oppure l’aggiunta di un elemento: penso ad esempio ad una persona che cammina in una via dove verrà aggiunto un robot realizzato in computer grafica che cammina di fianco a lui. Oppure un’esplosione: si gira una scena con una persona che fa finta di reagire e poi in post-produzione aggiungiamo l’effetto.

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Alcuni effetti speciali sono più speciali di altri. Pensiamo per esempio a realtà aumentata e realtà virtuale. Tu hai sperimentato molto in questo senso. Ce ne vuoi parlare?

Abbiamo fatto per Gabry Ponte un lyrics video a 360° per “Ghostblaster” che che è visibile anche con i visori per la realtà virtuale. Questo video è stato il primo in Italia e il secondo nel mondo. Prima di noi sono arrivati gli Imagine Dragons, ma è diverso: mentre nel nostro lo spettatore deve inseguire il testo all’interno del video, il loro è un video a 360° con i testi che compaiono sempre nello stesso punto, senza interazione.
La realtà a 360° è una forma di grafica che si sta affermando da cinque o sei anni e funziona molto bene. È un nuovo modo di comunicare all’interno di un videoclip perché c’è una sorta di interazione, anche se minima, tra spettatore e videoclip. Non siamo al livello del videogioco, ma siamo già sulla via di mezzo tra il video classico e il videogioco.

Tra i progetti in cantiere hai un film. Cosa cambia nell’approccio tra la produzione di un video musicale e quella di un film?
In realtà non c’è così tanta differenza perché un video musicale, soprattutto di alto livello, si produce come un film, si fanno le stesse identiche cose.
La differenza è nella grandezza del progetto: un videoclip deve raccontare una storia in tre minuti e mezzo o quattro; un film deve raccontare una storia in un’ora e mezza o due. Cambiano i ritmi, cambia il respiro di quello che si va a realizzare, però il procedimento è molto simile. Una differenza che sto notando nel film è che l’ampiezza del racconto richiede tantissima attenzione al dettaglio.
Questo succede anche nei videoclip, ma qui il dettaglio è immediato ed è molto stereotipato. Se in un videoclip devo raccontare una scena ambientata in un ristorante elegante, inserirò un cameriere stereotipato. Me lo immagino con il baffetto elegante, i capelli laccati, vestito bene e con un tovagliolo al braccio. Con questo personaggio ho già raccontato anche il tipo di ristorante. In un film non ho bisogno di utilizzare questo stereotipo: posso andare in direzioni molto più vaste e raccontare più nel dettaglio. La differenza più grande probabilmente è il fatto che puoi raccontare una realtà molto più vera rispetto al videoclip.

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