Fare un succhiotto è violenza sessuale. Lo dice la Cassazione

Fare un succhiotto da oggi è considerato violenza sessuale. Lo dice la Cassazione con una nuova sentenza

11 Novembre 2016
Fonte: Instagram

Un succhiotto lasciato sul collo può essere collegato al reato di violenza sessuale. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con una sentenza, la numero 47265/2016, con cui ha respinto il ricorso di un uomo che era stato condannato in Appello a 6 anni e 2 mesi di carcere per lesioni personali ai danni della sua amante. Oltre ai palpeggiamenti sul seno e nelle parti intime, all’uomo era stato contestato l’aver lasciato sul collo della donna un “succhiotto”, allo scopo di “marchiarla” rendendolo visibile “a chiunque fosse interessato ad una relazione con lei”.

L’imputato si era difeso affermando che il “succhiotto” non era stato fatto in una zona intima, per questo non poteva essere un collegato al reato di violenza sessuale, la Cassazione però non gli ha dato ragione. Secondo il tribunale infatti “l’atto deve poter essere definito sessuale sul piano obiettivo, senza attingere alle intenzioni dell’agente. La natura sessuale dell’atto preesiste alla volontà dell’agente appartiene all’elaborazione scientifica ma è anche espressione della cultura di una determinata comunità in un determinato”.

Nel caso specifico il succhiotto fatto dall’uomo sul collo della donna è stato indicato come atto di natura sessuale. Il tribunale ha descritto il succhiotto come “un morso d’amore (per la carica di passionalità e ardore che lo caratterizza). Consiste in un livido causato dalla suzione con le labbra di una parte dell’epidermide o da un bacio molto aggressivo – e che – per la sua durata e intensità, esprime quella carica erotica che il concedersi con piacere alla bocca altrui comporta.  Secondo la Cassazione il gesto dell’uomo sarebbe stato un modo per mostrare al mondo “una riaffermata (e malintesa) signoria sulla donna con un simbolo (il livido lasciato sul collo) che vuol significare un’intimità sessuale esattamente percepibile e percepita come tale dai consociati senza necessità di ulteriori specificazioni”. Da qui l’accostamento del succhiotto al reato di violenza sessuale che a portato la Cassazione a confermare la condanna nei confronti dell’uomo.

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