LowLow si rivela: "Sto vivendo la fase più bella della mia vita"

A più di un mese dall'uscita de "Il bambino soldato", abbiamo fatto con LowLow un bilancio della sua vita artistica e di quella personale.

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Anche il rap può essere allo stesso tempo introspettivo e raccontare con ironia gli aspetti più reconditi dell’animo umano. Ed è proprio quello che fa Lowlow con la sua musica.

“E’ un mondo difficile e vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto”, cantava Tonino Carotone nel 2000, anno in cui gran parte del pubblico di Giulio Elia Sabatello – questo il vero nome di Lowlow – non era ancora nato. Eppure, a quasi 20 anni di distanza, poco è cambiato: molti giovani non sanno cosa aspettarsi di  preciso dal proprio futuro, vivono periodi di forti stress e disastro emotivo. Ecco che la fragilità non è più un qualcosa da nascondere, di cui vergognarsi, ma una caratteristica da cui trarre addirittura forza e ispirazione. E questo è proprio ciò che fa Lowlow, uno dei rapper più amati dalla nuova generazione. La sua musica è introspettiva e profonda, esplora l’universo interiore senza lasciare troppo spazio all’immaginazione. Afferra le viscere dei suoi sentimenti e le cava fuori dal corpo attraverso la bocca, trasformando in poesia le mille sfaccettature della sua anima.

Lowlow non vuole , ma soprattutto non ha bisogno, di definizioni o etichette. Un gioco di specchi che rifugge dalle categorizzazioni tradizionali e che contraddistingue profondamente il suo stile. Una delle sue particolarità sono i testi, estremamente ricercati e profondi. L’8 giugno è uscito il suo nuovo album, “Il bambino soldato”: già anticipato dal singolo “Pillole”, si configura come un viaggio nella psiche del rapper che non peccherà certo di timidezza. LowLow si focalizza sulle zone più oscure dell’animo delle nuove generazioni partendo dalla sua esperienza personale e utilizzando sempre un linguaggio diretto e ironico che va dritto al punto e che contraddistingue la sua scrittura.

Classe 1993, Lowlow ha iniziato a farsi conoscere a Roma a soli 13 anni partecipando a delle gare di freestyle. Ha collaborato con la prestigiosa etichetta indipendente Honiro Label, prima di diventare il primo rapper della storia a prender parte alla scuderia Sugar. Nel suo primo album “Redenzione”, “Ulisse” ha superato le 30 milioni di views ed è stato certificato doppio platino. Sempre nel 2017 ha pubblicato la sua autobiografia, “Tutti zitti devo dire una cosa”.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e di chiacchierare un po’ con lui.

low low album Fonte: Facebook

Iniziamo parlando dell’album “Il bambino soldato”, visto che c’è parecchia carne al fuoco. Innanzi tutto, mi posso permettere di chiederti un bilancio, a differenza di chi ti ha intervistato a ridosso dell’uscita.

Sono in un momento di costruzione ed è molto importante per me aver fatto un disco personale come questo, nel quale ho potuto inserire determinati aspetti di me che prima non erano emersi, coperti soprattutto da quella che è la mia cifra stilistica. Dal punto di vista artistico sono molto felice per come si stanno mettendo le cose in generale, vedo molte persone che erano distanti dal mio mondo e che invece adesso hanno iniziato ad avvicinarsi e a capire meglio il mio linguaggio e il mio modo di esprimermi.

A cominciare dalla scelta di far produrre totalmente il disco a Big Fish, mi sembra evidente il tuo orientamento verso la “vecchia scuola” piuttosto che verso la nuova.

Assolutamente no. Definire Fish un produttore “vecchia scuola” secondo me è sbagliato: la cosa che ci ha fatto incontrare e che rende Big Fish il numero uno, è proprio la sua velocità di pensiero e la sua capacità di essere attuale, mettersi in gioco ed evolversi nonostante sia uno che ha fatto la storia dell’hip-hop. Anche per quanto riguarda me, non riesco a definire “vecchia” la mia musica. Sicuramente il mio è un rap molto attento all’estetica, agli incastri, ai giochi di parole, alla scrittura e proviene da uno studio profondo di quella che è la vecchia scuola, anche perché mi faccio guidare molto dai miei gusti personali. Eppure, non riesco assolutamente a definirmi “vecchia scuola”.

Non lo metto in dubbio, infatti mi riferivo più ad un orientamento che ad altro. Figurati, Big Fish lo abbiamo visto di recente produrre Young Signorino…

Capisci? A me piace questo di lui: la capacità di mettersi in gioco, uscire dalla propria “confort zone” ed evolversi. Altrimenti non c’è ricerca artistica.

Ti prometto che non parlerò più di “vecchia” e “nuova scuola”. Mettiamola così: c’è qualche producer più giovane con cui ti piacerebbe collaborare?

Sick Luke mi piace molto, oltretutto lo conosco da un sacco perché siamo cresciuti insieme nell’ambiente hip-hop di Roma. Anche alcuni beat di Charlie Charles mi piacciono e più in generale trovo che sia un momento interessante, in cui c’è più apertura mentale e attenzione all’estetica.

“Ciao, io sono un giornalista con 6 di quoziente intellettivo, e volevo farti una domanda originale: LowLow per cosa sta?”, inizia così il brano “Basso Basso”. Non sembri avere un rapporto di stima con i giornalisti…

A dir la verità sembra che io non abbia un rapporto di stima con nessuno a parte che con me stesso. In realtà io stimo un sacco tutte le persone che scrivono. Ce l’ho invece con la banalità e con il qualunquismo, anche se quella lì è ovviamente una battuta. “Basso Basso” è una traccia in cui per la prima volta riesco a prendermi meno sul serio, senza però perdere l’importanza per la scrittura, per gli incastri e via dicendo. E’ importante per me potermi esprimere con le parole, dato che sono lo strumento più forte che ho; è chiaro che è anche molto importante non essere fraintesi. Detto questo, non ce l’ho assolutamente con i giornalisti, anzi.

Tu invece come ti informi, qual è la tua dieta mediatica?

Non mi informo…no scherzo. Mi informo sul web, penso sia il metodo più diretto.

La mia traccia preferita dell’album è “Mare”, che ho letto essere nata da una tua piacevolissima estate passata in quel di Milano. Da quando hai cambiato città, la qualità della tua vita è cambiata?

Sì, in meglio, perché mi sento più realizzato. Questo è sicuramente un periodo molto importante per me: il lavoro è la cosa che mi fa vivere meglio. E’ un momento in cui ho molto bisogno di esprimermi, di buttare fuori energia e vedo che tutta questa voglia di spingere e continuare a migliorarmi mi sta avvicinando sempre più al pubblico. Del resto sai, sono molto ambizioso, ho fatto solo questo nella vita e ancora oggi continua a darmi una forza e un’energia pazzesca: mi sveglio tutte le mattine che sono un tornado. Per questo a volte sembra che stia un po’ chiuso nel mio mondo, però è talmente importante per me questa storia del rap, che a volte sembro un po’ un alieno. Ma ti assicuro che non lo sono del tutto.

I tuoi genitori sono due psicologi?

Papà psicanalista e mamma psicologa, sono stati puniti dal karma. (ride)

Come hanno reagito a questo disco, in cui tu parli più esplicitamente di pillole e dei tuoi problemi?

Ho sempre avuto la fortuna di avere al mio fianco persone che mi spingevano, mi aiutavano a migliorare e credevano in me. Di conseguenza i miei hanno dovuto e voluto supportarmi, perché sono due persone di mentalità molto aperta. E poi, ho preso tanto da loro: mio padre è fiero di me perché voleva scrivere, infatti casa mia è piena di libri e anche a loro devo molto. Mia mamma invece è molto legata a me, a volte parla anche con il mio manager. E’ molto importante questo aspetto: la mia famiglia è parte del mio successo.

A proposito di libri, nel frattempo sei anche riuscito a scriverne uno, giusto per non farti mancare nulla.

Sì, così…esatto. (ride) Il libro è stato un tassello molto importante e sono contento di come sia andato: mi ha aiutato a spiegarmi meglio al pubblico e contemporaneamente mi è servito anche molto nel processo di scrittura di questo album. Sono sempre stato attratto dalla scrittura, ma non avevo mai avuto la possibilità di raccontarmi senza rime: ecco che il libro ha dato modo – anche nel disco – di potermi raccontare in maniera più semplice. E per semplicità intendo mettere in conto la tecnica e fare qualcosa di ancora più figo. Poi vabbè, il libro è stato anche il motore che mi ha fatto venire a Milano, pensa che l’ho scritto in un solo mese.

Complimenti, è anche bello lungo…

Uh, grazie! Pensa che ne volevo scrivere anche più parole.

A due anni dall’ingresso in Sugar, è tempo di bilanci. Come va in etichetta?

Mmm…bene! Ma sai cosa? E’ difficile fare un bilancio in un momento come questo. Sono in una fase talmente calda e produttiva, in cui sto tirando fuori quantità e qualità di scrittura a un livello talmente alto, che non mi riesco a fermare. E poi devo fare ancora le mie prime due date da solista, per cui vorrei che il bilancio lo facessi te dopo aver visto quanto sono cresciuto.

Ti mancano un po’ i tempi di Honiro?

Sono felicissimo della mia esperienza ad Honiro: abbiamo fatto i singoli d’oro, i platino e il lavoro con Mostro è stato l’inizio di questa follia che mi ha portato oggi nella città in cui ho sempre voluto vivere, a fare il lavoro che ho sempre voluto fare. Sono contentissimo dell’esperienza ad Honiro perché abbiamo fatto tanto, perché mi ha aiutato a crescere e mi ha insegnato a fare questo lavoro. E’ soprattutto grazie a questa esperienza se io sono arrivato in Sugar con una capacità e una sicurezza – non si confondano con la spocchia – che mi hanno dato un plus.

Spendiamo qualche parola anche sulle date di dicembre a Milano e a Roma, le uniche che hai annunciato per il momento. Ci sarà anche un tour un po’ più nutrito?

Sì, questo è più che altro un test, anche perché non ho mai fatto concerti del genere. Per me è una figata lavorare ad un livello così alto e con persone che credono nel mio progetto e in quello che sto costruendo. Di conseguenza, queste prime due date sono molto importanti e sono l’anticipazione di quello che sarà il futuro.

Che tipo di live sarà?

Per esempio, un elemento voluto artisticamente da Fish – dato che come avrai capito io e lui siamo ormai in connubio artistico – è quello della band. L’unica esperienza che ho avuto con una band è stata in “Binario 3”, un featuring con Briga. E già lì era stata una figata pazzesca, anche per il tipo di rap che faccio io: poter giocare con il tempo, con le enfasi, eccetera. Sicuramente poi entreremo nel vivo del lavoro da settembre, perché ora stiamo lavorando anche al video e ad altre cose che vedrete: c’è molta carne al fuoco.

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