Perchè la fortuna è cieca e la sfiga ci vede bene

Esperti da tutto il mondo hanno studiato come si comporta la fortuna: ecco le loro scoperte

19 Settembre 2016
Fonte: flickr

Un noto detto recita che la fortuna è cieca ma che la sfortuna ci vede benissimo. Solitamente i detti popolari, soprattutto se tramandati di generazione in generazione, hanno un fondo di verità. Viene, quindi, da chiedersi se esiste una spiegazione razionale alla sfortuna. Si sono posti questa domanda anche gli esperti della scienza per capire da che cosa dipendono le piccole sfortune quotidiane. Vi è mai capitato di attendere per un lungo periodo un autobus e poi vederne arrivare due, uno dietro all’altro? I ricercatori dell’Università di Shizuoka in Giappone hanno analizzato il fenomeno e sono giunti alla conclusione che non si tratta di sfortuna. La colpa è imputabile alla teoria del caos che ben descrive il comportamento del traffico: quando un intoppo tiene fermo un mezzo, inevitabilmente la distanza con quello che lo segue si riduce. Quindi, più aumenta il ritardo, più si riduce la distanza tra i due mezzi.

La strada è un luogo dove sembra che la sfortuna si impegni per metterci alla prova. Vi capita che quando siete in ritardo vi sembra che tutti i semafori che incrociate siano rossi? Supponiamo che lungo il percorso da casa al lavoro ci siano 6 semafori: ovviamente la probabilità di trovarli tutti verdi è bassissima, la stessa che esca 6 volte “croce” se si lancia 6 volte una monetina in aria, cioè 1 su 64 secondo la teoria della probabilità. Ecco che si innesca un meccanismo psicologico, chiamato memoria selettiva, che, quando siamo di fretta o preoccupati, ci porta a vedere tutto nero, a dare un peso eccessivo agli eventi. Così, se incontriamo 3 semafori rossi su 6, evento statisticamente molto probabile, siamo portati a dire che tutti i semafori erano rossi. Ancora nel traffico, in coda al casello: nell’auto davanti alla nostra c’è il classico imbranato. Cominciamo a sbuffare e a chiederci perché siamo così sfortunati da essere sempre nella coda più lenta.

Secondo uno studio pubblicato su Nature, però, è solo una questione di attenzione, non di sfortuna: è quando siamo fermi che notiamo che le altre auto ci superano e facciamo i paragoni; quando, invece, è la nostra fila ad essere la più veloce, siamo impegnati a guidare e non guardiamo le altre auto. Lasciamo la strada per un argomento più piacevole: le vacanze. Avete organizzato una gita fuori porta durante il fine settimana. Il tempo è stato bello fino a venerdì ma ecco che nel weekend si guasta! Nel 2003 una ricerca inglese ha dimostrato che questo fenomeno effettivamente esiste ma non si tratta della famigerata nuvoletta fantozziana. L’inquinamento prodotto nei giorni lavorativi dal traffico urbano provoca un accumulo di polveri sottili che va a schermare la luce del sole e favorisce l’aggregazione dell’umidità che forma le nuvole, le quali liberano il loro carico di pioggia proprio nel weekend.

La scienza ci aiuta a capire che effettivamente esistono delle motivazioni scientifiche per quella che definiamo sfortuna. Inoltre, anche la nostra valutazione degli eventi gioca un ruolo importante: attraverso la memoria selettiva, infatti, abbiamo la tendenza a ricordare maggiormente gli eventi sfortunati. Nonostante questa ammissione di colpa e le evidenze della scienza, molti ancora si affidano alla magia e alla scaramanzia, portando addosso talismani portafortuna, o attraverso certe ritualità, con la convinzione che alcune azioni, che sono state benevole una volta, possano mutare il corso degli eventi. Se si vuole tentare anche un metodo scientifico, ecco i 4 comandamenti dello psicologo inglese Richard Wiseman, frutto di uno studio durato ben 10 anni. Il primo comandamento recita “cogli al volo le occasioni”: significa che avere un atteggiamento positivo e aperto nei confronti del mondo permetterà di trovarsi in situazioni favorevoli, di fare le amicizie giuste che saranno utili a favorire la fortuna sia nel lavoro che nella vita privata.

Wiseman consiglia di seguire l’istinto poiché, secondo i suoi studi, sembra che i fortunati siano soliti prendere decisioni seguendo una sorta di istinto viscerale. Bisogna, quindi, liberare la mente da negatività e ragionamenti troppo razionali e imparare ad ascoltarsi, a percepire questi istinti, queste intuizioni, e dar loro voce. Una conseguenza di questi primi due comandamenti è il terzo: essere ottimisti. I fortunati sono aperti al mondo, non hanno grandi aspettative e sono pronti ad accogliere positivamente quello che la vita gli offre. Essere ottimisti, piuttosto che essere convinti di essere iellati, fa la differenza. Infine, l’ultimo suggerimento di Wiseman è di guardare l’altra faccia della medaglia. Dice Wiseman che, a volte, la sfortuna è solo una questione di punti di vista. L’esempio che fornisce è tratto dallo sport: secondo le sue rilevazioni, gli atleti che vincono la medaglia d’argento sono sempre più infelici e si considerano più sfortunati di quelli che si sono aggiudicati il bronzo. Si chiama “pensiero controfattuale”: i secondi classificati tendono a pensare che se avessero fatto solo un po’ meglio sarebbero arrivati primi, ragionamento che non si innesca in coloro che sono al terzo posto e che, quindi, si godono tranquillamente la loro vittoria.

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