Perché non ricordiamo i primi anni di vita?

I ricordi dei primi anni di vita sono molto preziosi perché contribuiscono alla costruzione dell'identità di una persona. Ma riusciamo a ricordare tutto dell'infanzia?

11 Ottobre 2016

Il problema che connette ricordi e infanzia è da sempre oggetto di moltissimi studi condotti da scienziati, medici e psicologi di tutto il mondo. Cosa si nasconde in realtà? Perché l’essere umano non ha memoria dei ricordi dei primi anni di vita? Vi siete mai domandati qual è il primo momento in cui riuscite a rivedervi piccoli nella vostra infanzia? Non è concesso l’utilizzo di fotografie in bianco e nero ma solo l’immaginazione. In alcuni casi ci sono persone che chiudendo gli occhi riescono a rivivere avvenimenti accaduti all’età di tre o quattro anni come compleanni o piccoli traumi, mentre per altri questo è impensabile e si rivedono a partire dai sette anni.

Le teorie espresse in merito che ancora oggi cercano di dare risposta a queste domande sono davvero tante. Uno su tutti è il caso di studio che vede come protagonista una bambina, ricordata con il nome di Genie che viveva negli anni ’70 a Los Angeles. Una storia tragica che ha però avuto dei risvolti scientifici di notevole importanza. Nata da genitori problematici, il padre figlio di una prostituta era molto violento e la madre, di vent’anni più giovane, dopo aver subito un trauma cranico era completamente cieca. La piccola Genie era la terza di quattro figli di cui due morti a pochi giorni dalla nascita. Appena nata le viene diagnosticata una displasia congenita all’anca, ma il padre per questo la rifiuta e le attribuisce un ritardo mentale.

Rinchiusa durante tutta la sua infanzia in una stanza completamente vuota e priva di giocattoli e stimoli esterni, Genie vedeva la mamma solo due volte al giorno esclusivamente per i pasti. Il padre aveva proibito a tutta la famiglia di avere contatti con lei e quando ha iniziato a muovere i primi passi ha deciso di legarla con una cintura per impedirle di uscire. Una tortura lunga ben tredici anni. Genie entra in un programma di cura e i medici subito si accorgono dell’assenza totale di ricordi dell’infanzia. Studiando la sua reazione in merito a nuovi stimoli gli psicologi hanno delineato una situazione ben chiara.

L’essere umano sviluppa due tipi di memoria: quella implicita che appartiene ad un sistema nervoso ancora in fase di sviluppo e consente al bambino di ricordare la voce materna; quella esplicita o anche dichiarativa è la memoria che intendiamo comunemente, che si avvia a partire dal quarto mese di vita sino a raggiungere l’apice del suo sviluppo con il settimo anno di età. Nel caso di Genie la memoria è rimasta implicita, mai ha avuto la possibilità di immagazzinare informazioni, dati, ricordi in grado di stimolare una memoria successiva.

Nessun individuo in età adulta riesce a rivivere attimi legati alla memoria implicita. Solo all’età di quattro anni la mente umana inizia a registrare ricordi legati all’infanzia. Una spiegazione logica molto semplice è data dal fatto che il cervello nel primo anno di vita non essendo ancora completamente sviluppato non è in grado di rispondere agli stimoli esterni. Tutto lo sviluppo successivo legato ai ricordi avviene pertanto a partire dal secondo anno in cui mediamente un bambino riceve tantissimi impulsi che scaturiscono molteplici connessioni tra i neuroni.

Un aspetto molto importante è scaturito dalla condizione secondo cui i ricordi eliminano i ricordi. Ebbene sì, sviluppato il cervello in tutte le sue parti il processo di registrazione dei ricordi si avvia ma è l’ippocampo, la parte che gestisce la memoria, ha decidere quale tenere. Una selezione pressoché inizialmente naturale, mentre con il passar del tempo sono le cose più importanti, che più colpiscono l’essere umano a restare impresse nella memoria. Ecco perché normalmente dei primissimi anni di età si ricordano solo avvenimenti belli come le feste di compleanno o avvenimenti tragici come la prima caduta dalla bicicletta.

Ecco dunque che occorre introdurre il processo di amnesia. Si tratta di una selezione naturale degli avvenimenti che scorrono nella vita di un bambino. Un dato importante riguarda il movimento, il linguaggio del corpo. Più questo è intenso negli avvenimenti più il ricordo ha la possibilità di restare impresso per molto molto tempo. Una corrente di neuroscienziati ha infatti proposto una forte connessione tra movimento e ricordi, tra linguaggio e memoria. In tal senso sono stati analizzati gli atteggiamenti di bambini sordi. La totale assenza di impulsi sonori non gli impedisce di avere la capacità di ricordare e questo proprio grazie ai segnali lanciati dal linguaggio corporeo. Perché quindi ostinarsi a cercare di ricordare i primissimi odori o i primissimi suoni? Il cervello umano se non completamente sviluppato ci impedisce di ricordare quanto avviene nei primi mesi di vita. Una curiosità: tra i tutti i popoli studiati, quello dei maori in Nuova Zelanda detiene il record di precocità nel ricordare.

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