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Ritrovata l'Arca di Noè? Le nuove analisi in Turchia potrebbero riscrivere la storia

Analisi geofisiche sotto il monte Ararat mostrano una forma che ricorda un’imbarcazione: scoperta scientifica o suggestione millenaria?

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Tra storia e racconti biblici. Chi non si è mai chiesto se fosse realmente esistita l’Arca con cui Noè ha salvato il mondo animale? Sotto una remota distesa dell’Anatolia orientale, strumenti geofisici avanzati hanno intercettato i contorni di una struttura sepolta che ricorda sorprendentemente la forma di un’imbarcazione di dimensioni notevoli. Non si vede nulla in superficie: la struttura è interrata, ma i radar mostrano un profilo netto, incastonato in livelli di sedimenti che sembrano raccontare una storia lunga millenni.

Una sagoma nascosta riaccende un dibattito antico

La coincidenza geografica alimenta il fascino: siamo nei pressi del monte Ararat, zona che da decenni stimola immaginazione, spedizioni e ipotesi legate al racconto dell’Arca di Noè. Le nuove scansioni non risolvono l’enigma, ma indicano che sotto quel rilievo potrebbe esserci qualcosa di più complesso di una semplice formazione geologica.

Il mistero del sito di Durupınar

La formazione individuata è il celebre sito di Durupınar, un rilievo dalla sagoma allungata che negli anni ’50, grazie alle prime fotografie aeree, attirò l’attenzione di ricercatori e appassionati. Da allora, il pendolo delle interpretazioni ha oscillato tra geologia e mito: c’è chi lo considera un fenomeno naturale modellato dall’erosione, e chi invece continua a vederci tracce di una struttura artificiale antichissima.

Gli studi geologici condotti negli anni successivi hanno inizialmente classificato il sito come una piega rocciosa, riconoscendone però la regolarità anomala. Negli ultimi anni, con l’arrivo di strumenti in grado di “vedere” attraverso il terreno, l’interesse scientifico è tornato a crescere.

Le nuove scoperte: linee, camere interne e campioni anomali

Le più recenti campagne di indagine, condotte da un team turco e internazionale, hanno utilizzato georadar e tecniche di prospezione avanzata per delineare la struttura interna del rilievo. Le immagini hanno rivelato la presenza di linee parallele e possibili suddivisioni interne, una disposizione difficile da associare alla normale stratificazione geologica dell’area.

Alcuni campioni prelevati nelle zone più profonde mostrano inoltre composizioni insolite rispetto ai sedimenti circostanti, con percentuali più elevate di materiale organico. Elementi che, secondo alcuni ricercatori, potrebbero indicare un’origine diversa dalla semplice roccia. Tuttavia, servono ulteriori verifiche e, soprattutto, studi sottoposti a peer review che aiutino a decifrare la natura reale dell’anomalia.

Le indagini continueranno con nuove scansioni a frequenze differenti, nel tentativo di distinguere tra una struttura creata dall’uomo e una forma naturale particolarmente suggestiva.

Ma è davvero l’Arca di Noè?

La domanda che accompagna Durupınar da più di sessant’anni resta sospesa. Le anomalie individuate dai radar non sono ancora una prova e gli esperti invitano alla cautela. Nelle rocce dell’Anatolia settentrionale sono infatti note formations naturali che possono assumere geometrie regolari, ingannando anche gli osservatori esperti.

È possibile, quindi, che questa struttura non sia altro che un fenomeno geologico dalla forma insolitamente evocativa. Ma è altrettanto possibile che le nuove analisi vadano a sondare qualcosa di più complesso, una testimonianza antica che attende di essere compresa.

Per ora la scienza procede come sempre: passo dopo passo, accumulando dati, evitando conclusioni affrettate. Il mito resta sullo sfondo, pronto a riaccendersi ogni volta che un nuovo dettaglio emerge dal sottosuolo dell’Ararat.

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