Il 19 settembre è rientrata sulla Terra la missione russa Bion-M2, una vera “Arca di Noè” nello spazio. A bordo del satellite c’erano animali, 75 topi, 1.500 moscerini e semi vegetali, microrganismi tutti partiti con un obiettivo comune: capire come la vita reagisce all’ambiente extraterrestre e quali effetti possano avere le radiazioni cosmiche sui tessuti viventi. La missione, frutto della collaborazione tra Roscosmos e l’Accademia russa delle scienze, ha orbitato intorno alla Terra per circa un mese.
A bordo, gli esperimenti erano complessi: gli scienziati volevano analizzare gli effetti combinati di microgravità, radiazioni ionizzanti e variazioni di temperatura su diversi organismi, per capire come prepararci alle missioni umane di lunga durata verso la Luna o Marte.
- Dieci topi morti in circostanze ancora da chiarire
- L’esperimento “Meteorite”: che cos'è?
- Animali nello spazio: tra scienza e controversie
- Dai topi ai tardigradi: la resistenza estrema della vita
Dieci topi morti in circostanze ancora da chiarire
Non tutto, però, è andato come previsto. Secondo i dati diffusi dopo il rientro, dieci topi maschi sono morti durante la missione per cause ancora sconosciute. Oleg Orlov, direttore dell’Istituto per i Problemi Biomedici di Mosca, ha spiegato che la morte potrebbe essere legata a comportamenti aggressivi e territoriali tra gli animali, un fenomeno noto soprattutto nei maschi in ambienti chiusi e sotto stress. Malgrado la perdita, i campioni rimasti a bordo sono considerati di grande valore per la ricerca biomedica. Studiare come i tessuti reagiscono alle radiazioni cosmiche e alla mancanza di gravità è cruciale per proteggere la salute degli astronauti futuri.
L’esperimento “Meteorite”: che cos’è?
Tra i progetti più affascinanti della Bion-M2 c’era Meteorite, un esperimento pensato per mettere alla prova una delle teorie più suggestive sulla nascita della vita: la panspermia. All’interno della capsula sono stati inseriti frammenti di rocce basaltiche con ceppi microbici, per verificare se i batteri potessero sopravvivere al rientro atmosferico. L’obiettivo? Capire se la vita possa effettivamente viaggiare nello spazio e “seminare” nuovi pianeti attraverso meteoriti o polveri cosmiche. Se i risultati lo confermassero, potremmo essere davanti a una conferma del fatto che la vita sulla Terra potrebbe avere origini extraterrestri.
Animali nello spazio: tra scienza e controversie
La missione Bion-M2 si inserisce in una lunga tradizione di esperimenti spaziali con animali, iniziata negli anni ’50, quando la corsa allo spazio era ancora agli albori. Prima dell’uomo, furono scimpanzé, cani e topi i primi “pionieri” dell’orbita terrestre. La più celebre resta Laika, la cagnetta randagia lanciata nello spazio nel 1957 a bordo dello Sputnik 2, senza possibilità di ritorno. La sua morte, avvenuta poche ore dopo il decollo, aprì uno dei più grandi dibattiti etici nella storia della scienza.
Negli Stati Uniti, qualche anno dopo, la NASA addestrò Ham, uno scimpanzé che nel 1961 divenne il primo primate a compiere un volo suborbitale e a tornare vivo. La sua missione dimostrò che l’uomo avrebbe potuto sopravvivere nello spazio — ma anche che il prezzo della conoscenza può essere la sofferenza animale.
Dai topi ai tardigradi: la resistenza estrema della vita
Negli ultimi decenni, grazie ai progressi tecnologici, gli esperimenti con gli animali nello spazio sono diventati più controllati ed eticamente monitorati, ma il tema resta controverso. Oggi si utilizzano modelli biologici come topi, moscerini e tardigradi, minuscoli invertebrati noti per la loro straordinaria resistenza alle condizioni estreme. I tardigradi, infatti, sono sopravvissuti al vuoto cosmico, alle radiazioni e a temperature prossime allo zero assoluto. Sono la prova che la vita può adattarsi anche agli ambienti più ostili dell’universo.