Fonte: ANSA

Pesci 'alieni' in Calabria e Sicilia: attenzione alle spine velenose

Le specie di pesci 'alieni' diffusi in Calabria e Sicilia sono una delle più grandi preoccupazioni di questa estate. Scopri a cosa stare attenti.

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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L’innalzamento delle temperature marine e fluviali in Italia ha dato il via a una vera e propria invasione di specie acquatiche aliene, che ha scatenato un certo allarmismo tra gli esperti. L’aumento delle temperature delle acque del Mediterraneo di 0,88°C rispetto alla media del periodo 1850-1900 (come evidenziato dal WWF), ha creato un ambiente favorevole all’ingresso e alla proliferazione di specie esotiche. Questo cambiamento climatico ha portato all’apparizione di pesci e organismi marini non autoctoni, tra cui il temibile pesce scorpione e il pericoloso vermocane, che hanno trovato un nuovo habitat ideale nelle acque di Sicilia e Calabria. Ma cosa sta succedendo davvero nei nostri mari?

Le specie non autoctone “invadono” il Mediterraneo e le coste di Calabria e Sicilia

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. I nuovi abitanti marini del Mar Mediterraneo rappresentano una minaccia significativa non solo per la fauna autoctona, ma anche per la salute umana.

Il pesce scorpione, noto per le sue spine velenose, può causare gravi lesioni a chi ne viene punto, mentre il vermocane, un verme marino dotato di setole urticanti, può provocare dolorose irritazioni cutanee.

Inutile dire che il solo nome di queste specie aliene sta generando un clima di panico tra pescatori, bagnanti e turisti, con questi ultimi che temono per la propria sicurezza in mare. L’invasione di specie aliene non è infatti solo una questione ecologica, ma anche di sicurezza pubblica.

Il pesce scorpione in Calabria e Sicilia: attenti agli aculei

L’allarme è scattato in Calabria ai primi di giugno 2024, quando un pescatore ha incontrato una creatura marina striata di bianco e arancione, munita di aculei minacciosi: un pesce scorpione, noto anche come “lionfish”.

Originario del Mar Rosso, il pesce scorpione è un esemplare appariscente e affascinante ma, al contempo, estremamente pericoloso per l’uomo e per l’ambiente marino locale.

Nonostante la sua bellezza e il fatto che sia addirittura commestibile (e molto gustoso), il pesce scorpione è dotato di spine velenose che possono infliggere punture molto dolorose. Questi aculei sono situati lungo le pinne dorsale, anale e pelviche, e il veleno che contengono può rimanere attivo fino a 48 ore dopo la morte del pesce. Le punture causano un dolore intenso e persistente, spesso accompagnato da sintomi come nausea, vomito, febbre, convulsioni, difficoltà respiratoria e diarrea. Nei casi più gravi, la parte colpita può sviluppare necrosi locale e una perdita di sensibilità che può durare anche per diversi giorni. È quindi essenziale rimuovere immediatamente eventuali spine, disinfettare la ferita e immergere la parte colpita in acqua molto calda per ridurre il dolore attraverso la denaturazione del veleno.

Il pesce scorpione è riconosciuto come uno dei pesci tropicali più invasivi al mondo. La specie, originaria del Mar Rosso e degli Oceani Indiano e Pacifico, è stata introdotta in Florida all’inizio degli anni ’90 e ha successivamente invaso il Mar dei Caraibi e le coste atlantiche occidentali, causando imponenti impatti ecologici. Questo formidabile predatore ha un’influenza negativa sulla biodiversità marina costiera, minacciando l’equilibrio degli ecosistemi locali. Negli ultimi anni, si è diffuso a dismisura anche nel Mediterraneo Orientale.

In Italia, il primo avvistamento del pesce scorpione è stato registrato nel 2017 all’interno della “Riserva Naturale Orientata Oasi Faunistica di Vendicari” in Sicilia. Da allora, la presenza di questa specie è stata confermata anche in Sardegna e, più recentemente, in Calabria. Questi avvistamenti non sono limitati all’Italia; il pesce scorpione è stato segnalato anche in Grecia e Croazia, indicando appunto la sua diffusione crescente nel Mediterraneo.

Attenti a quei quattro: le specie aliene del Mediterraneo

Per sensibilizzare la popolazione sulle specie aliene presenti in Italia, il Cnr e l’Ispra nel 2022 hanno lanciato la campagna “Attenti a quei quattro“. Questa iniziativa è stata diretta a informare il pubblico sui pericoli e gli impatti ecologici di quattro specie marine invasive che stanno proliferando nei nostri mari. Oltre al noto pesce scorpione, altre tre specie sono sotto la lente d’ingrandimento: il pesce coniglio scuro, il pesce coniglio striato e il pericolosissimo pesce palla maculato.

Il pesce coniglio scuro e il pesce coniglio striato sono entrambi originari delle acque tropicali del Mar Rosso. Essi sono caratterizzati dalla loro capacità di adattarsi rapidamente a nuovi ambienti e di riprodursi velocemente, rendendoli particolarmente invasivi. Questi pesci si distinguono per il loro corpo allungato e le striature caratteristiche, ma la loro presenza nei mari italiani rappresenta una minaccia per diversi habitat marini sensibili. La loro dieta, infatti, consiste principalmente in alghe, e una popolazione in crescita può causare gravi danni agli ecosistemi costieri, riducendo la biodiversità e alterando l’equilibrio naturale.

Il pesce palla maculato, invece, rappresenta un pericolo diretto per la salute umana. Questa specie è nota per la presenza di una potente neurotossina, la tetrodotossina, che può essere letale anche dopo la cottura. Recentemente, un esemplare di pesce palla maculato è stato pescato in Istria, un segnale allarmante della sua diffusione crescente nel Mediterraneo. La tetrodotossina colpisce infatti il sistema nervoso, e l’ingestione di una piccola quantità può causare paralisi respiratoria e morte.

Il terrore del vermocane: paura in Sicilia

Il vermocane, un lungo lombrico marino coperto di peluria urticante, è un altro esempio di specie che ha tratto beneficio dal riscaldamento delle acque. Sebbene non sia una specie aliena, la sua recente abbondanza e l’espansione in nuove aree hanno creato un allarme non indifferente tra i pescatori e i bagnanti.

Questo polichete, noto anche con il nome di “lombrico di mare“, è in realtà nativo dei nostri mari, ma negli ultimi anni è diventato più comune e si è esteso in nuove zone, probabilmente a causa dell’aumento delle temperature marine.

Il vermocane presenta un corpo allungato e segmentato, coperto di setole laterali urticanti che possono causare irritazioni cutanee dolorose a chi entra in contatto con esse. Negli ultimi anni, è diventato oggetto di numerose notizie e discussioni, soprattutto a causa del suo aumento numerico e della sua presenza sempre più frequente in aree ad alta frequenza turistica.

Non a caso, la Sicilia è una delle regioni italiane maggiormente interessate dall’espansione del vermocane. Le acque calde e ricche di biodiversità dell’isola hanno creato un habitat ideale per questo polichete, favorendone la proliferazione. In particolare, lo Stretto di Messina, con le sue forti correnti e le temperature elevate, è diventato un vero e proprio hotspot dal quale diffondersi in tutte le acque dell’isola e della Calabria..

Le punture del vermocane, sebbene non letali, possono provocare reazioni allergiche e dermatiti, causando disagi di non poco conto in coloro che hanno la sfortuna di imbattersi in esso. Inoltre, le setole urticanti possono danneggiare le reti da pesca e irritare i pescatori durante le operazioni di raccolta.

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