Il lato oscuro della lavastoviglie: può rilasciare sostanze chimiche nel flusso sanguigno? Esperto lancia ipotesi

Tra allarmi social e realtà scientifica: cosa sappiamo davvero sul presunto legame tra pastiglie per lavastoviglie e sindrome dell’intestino permeabile

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Negli ultimi mesi sono circolate online affermazioni secondo cui le pastiglie per lavastoviglie conterrebbero sostanze chimiche aggressive capaci di danneggiare indirettamente l’intestino e favorire la cosiddetta sindrome dell’iper-permeabilità intestinale, nota anche come leaky gut. A fronte di questi timori, c’è chi consiglia alternative naturali come bicarbonato o saponi delicati, o chi promuove marchi definiti “non tossici”. Ma quanto c’è di vero in questi avvertimenti e dove inizia, invece, la retorica del marketing salutista?

Il legame con la sindrome intestinale

Secondo alcuni sedicenti esperti, i residui lasciati dai detergenti per lavastoviglie rappresenterebbero una minaccia invisibile. L’idea è che, rimanendo sulle stoviglie, possano essere ingeriti e nel tempo contribuire a fenomeni di infiammazione o alterazione della barriera intestinale. In queste ricostruzioni viene spesso citata una presunta epidemia, che riguarderebbe addirittura l’80-90% della popolazione.

Si tratta, però, di percentuali prive di fondamento scientifico. La permeabilità intestinale è un fenomeno reale e studiato, ma la sua diffusione, le cause e le conseguenze cliniche sono ancora oggetto di dibattito tra i ricercatori.

Cosa sappiamo davvero sulle pastiglie

Dal punto di vista tecnico, le pastiglie per lavastoviglie sono prodotti formulati per svolgere diverse funzioni: i tensioattivi eliminano i grassi, gli enzimi degradano residui proteici e amidi, gli sbiancanti ossidano le macchie più resistenti e gli agenti anticalcare proteggono la macchina. Sono, a tutti gli effetti, miscele chimiche complesse.

Queste sostanze possono risultare irritanti o tossiche se ingerite direttamente o se entrano in contatto con pelle e occhi. I centri antiveleni ricevono regolarmente segnalazioni di incidenti domestici legati a un uso improprio delle pastiglie. Tuttavia, quando utilizzate correttamente, le lavastoviglie effettuano cicli di risciacquo ad alta temperatura che riducono al minimo la presenza di residui sulle stoviglie.

Al momento, non esistono prove scientifiche che colleghino l’uso normale di pastiglie per lavastoviglie allo sviluppo della sindrome dell’intestino permeabile o di altre patologie intestinali croniche.

Tra precauzione ed ecologia

Nonostante l’assenza di evidenze mediche, cresce il numero di consumatori che preferiscono detergenti “ecologici”, privi di fosfati, profumi sintetici o conservanti aggressivi. In questo senso, alternative come le polveri “non tossiche” o il semplice bicarbonato rispondono più a una logica di riduzione dell’impatto ambientale e di precauzione, che a una reale necessità sanitaria.

Va però ricordato che rimedi casalinghi come bicarbonato o saponi delicati, seppur validi per lavaggi leggeri, non sempre garantiscono la stessa efficacia igienizzante delle formulazioni industriali, soprattutto con sporco ostinato o lavaggi a pieno carico.

Una questione culturale e di fiducia

Il dibattito sulle pastiglie per lavastoviglie si inserisce in un contesto più ampio: quello della crescente diffidenza verso le sostanze chimiche nella vita quotidiana. Molti consumatori, bombardati da messaggi pubblicitari e da allarmi sui social, faticano a distinguere tra dati scientifici e marketing emotivo.

Questa diffidenza non riguarda solo i detergenti, ma anche i cosmetici, i materiali plastici, i coloranti alimentari. È un fenomeno che riflette un bisogno di maggiore trasparenza da parte delle aziende e di comunicazione chiara da parte delle istituzioni scientifiche.

La vera sfida, oggi, è imparare a orientarsi tra le informazioni, affidandosi a fonti verificate e mantenendo uno spirito critico: solo così si può davvero conciliare salute, sicurezza e sostenibilità.

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