Negli ultimi anni sui social circolano spesso meme e battute che recitano: “L’intelligenza viene tutta dalla mamma”. Una frase ironica che strappa un sorriso, soprattutto se usata per alimentare le eterne discussioni tra i sessi. Ma cosa dice davvero la scienza? Le ricerche più recenti smentiscono l’idea che le capacità cognitive dei figli derivino solo dalla madre e mostrano un quadro molto più complesso.
- Il mito della mamma come "fonte di intelligenza”
- Cosa dicono davvero gli studi
- Il ruolo dell’ambiente
- La verità scientifica
Il mito della mamma come “fonte di intelligenza”
La leggenda nasce da una semplificazione estrema di alcuni studi genetici. È vero che il cromosoma X porta geni legati allo sviluppo cognitivo e che le madri ne trasmettono uno ai figli maschi e due alle figlie femmine. Questo ha portato alcuni divulgatori poco scrupolosi a dire che “l’intelligenza è sul cromosoma X, quindi viene dalla mamma”.
In realtà, la genetica non funziona in modo così lineare. L’intelligenza è un tratto poligenico, cioè determinato da migliaia di varianti sparse su quasi tutti i cromosomi, non solo sull’X. Ridurre tutto a un unico cromosoma significa ignorare decenni di ricerche sulla complessità del cervello umano.
Cosa dicono davvero gli studi
Le grandi indagini genetiche, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone in diversi Paesi, hanno chiarito che l’intelligenza è il risultato di una rete intricata di geni. Alcuni studi di associazione genome-wide (GWAS) hanno individuato oltre 500 loci genetici collegati a capacità cognitive, e questi si distribuiscono su quasi tutti i cromosomi.
In altre parole, entrambi i genitori contribuiscono in misura significativa al patrimonio genetico legato all’intelligenza. Non ci sono basi scientifiche per affermare che la madre abbia un peso maggiore rispetto al padre.
Il ruolo dell’ambiente
Se i geni contano, non bisogna però dimenticare il contesto. Numerose ricerche hanno dimostrato che il livello di istruzione dei genitori, la qualità della stimolazione nei primi anni di vita e l’ambiente socio-culturale in cui cresce il bambino influenzano in modo enorme lo sviluppo cognitivo.
In questo senso, l’educazione materna nei primissimi anni ha un impatto forte, non per motivi genetici esclusivi, ma perché spesso la madre trascorre più tempo con il bambino nei primi mesi di vita, fornendo stimoli linguistici ed emotivi fondamentali. Questo ha portato alcuni a confondere il peso dell’ambiente con quello dei geni.
La narrativa “ha presto tutto dalla mamma” funziona bene sui social perché è semplice, immediata e divisiva. È più facile condividere una frase a effetto che spiegare la complessità della genetica. Ma dietro questo slogan apparentemente innocuo si nasconde un fraintendimento scientifico che rischia di diventare stereotipo: se da un lato celebra le madri, dall’altro deresponsabilizza i padri nel percorso educativo e formativo dei figli.
La verità scientifica
La realtà è che l’intelligenza nasce dall’interazione tra genetica e ambiente. Nessuno dei due fattori agisce da solo: i geni predispongono, ma è il contesto in cui il bambino cresce a modellare concretamente quelle potenzialità.
Non c’è alcun motivo per alimentare una “guerra di genere” su chi trasmetta più intelligenza. Madre e padre contribuiscono entrambi, in modi diversi ma complementari, sia a livello genetico che educativo.
Forse, più che chiederci da chi viene l’intelligenza, dovremmo concentrarci su come stimolare al meglio le capacità dei bambini: attraverso una buona istruzione, un ambiente sereno e stimolante, e la presenza attiva di entrambi i genitori.