Figli intelligenti? Non è merito del papà: da chi si eredita

Chi trasmette l'intelligenza: il papà o la mamma? Scopri cosa dicono gli ultimi studi scientifici. La credenza popolare viene completamente ribaltata.

11 Marzo 2024
Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Fonte: 123RF

Con la Festa del papà ormai alle porte, si rinnova il dibattito sull’influenza dei genitori sull’intelligenza dei figli. Si è a lungo creduto che trascorrere tempo con il padre fosse cruciale per lo sviluppo cognitivo dei bambini e la verità è che è proprio così. Un bel rapporto con il proprio genitore è infatti fondamentale per una crescita più serena e uno sviluppo dell’intelligenza. Tuttavia, sembra proprio che questa intelligenza non si erediti dal proprio papà… Quale sarà la verità?

L’intelligenza non si eredita dal papà, ma dalla mamma

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Le Università di Oxford e Cambridge hanno condotto uno studio approfondito sulla relazione tra il tempo trascorso con il padre e l’intelligenza dei bambini. I risultati indicano che, sì, il coinvolgimento paterno è prezioso e può contribuire positivamente allo sviluppo emotivo e cognitivo dei figli. Tuttavia, la sorpresa è nel modo in cui l’intelligenza sembra essere ereditata.

Contrariamente alla convinzione popolare, sembra che l’intelligenza non venga principalmente ereditata dal padre, ma piuttosto dalla madre. Mentre il padre può certamente influenzare l’ambiente educativo e culturale dei figli e anche il loro processo di crescità, è il patrimonio genetico materno che gioca un ruolo cruciale nella determinazione del quoziente intellettivo dei bambini.

Le osservazioni dettagliate condotte dai ricercatori hanno rivelato che, nonostante il coinvolgimento del padre possa migliorare le performance cognitive dei figli, è la madre che trasmette i geni dell’intelligenza. Questa nuova prospettiva spinge a una riflessione più profonda sulle dinamiche familiari e sulle influenze genetiche che plasmano il percorso intellettuale dei nostri figli.

Mentre ci prepariamo a celebrare il ruolo dei padri in occasione della Festa del papà del prossimo 19 marzo, ad ogni modo, è essenziale riconoscere il contributo paritario dei genitori nella crescita dei propri figli.

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L’intelligenza si eredita dalla madre e non dal padre? #lodicelascienza

È la scienza che ha gettato nuova luce sul dibattito sull’ereditarietà dell’intelligenza, individuando nella madre il genitore responsabile della trasmissione dei geni legati all’intelligenza, secondo molte ricerche convergenti su questo punto. Questo fenomeno è spiegato attraverso i cosiddetti ‘geni condizionati‘, che si attivano a livello cellulare solo se di derivazione femminile, conferendo alla madre un ruolo cruciale nella formazione dell’intelletto dei figli.

Gli studi più recenti hanno approfondito questa teoria, individuando i geni legati all’intelligenza nel cromosoma X. Questi geni materni si sviluppano nella corteccia cerebrale, la regione del cervello associata alle funzioni cognitive complesse. Al contrario, le cellule provenienti dai geni del padre si concentrano nelle regioni del cervello associate alle emozioni, come l’ipotalamo e l’amigdala, che costituiscono il sistema limbico.

Tuttavia, è fondamentale sottolineare che l’intelligenza è solo parzialmente ereditaria e vi contribuisce solo il 40% – 60% del patrimonio genetico complessivo. La restante percentuale è influenzata dall’ambiente e dagli stimoli ricevuti durante la crescita, nonché dalla capacità di rispondere efficacemente ad essi.

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Se i bambini vanno male a scuola, la colpa è dei genitori

Un recente studio pubblicato su ‘Nature Communications‘, intitolato “The correlation between reading and mathematics ability at age twelve has a substantial genetic component“, condotto da un gruppo di ricercatori britannici, ha gettato nuova luce sul legame tra le abilità di lettura e le competenze matematiche nei dodicenni. Questo studio ha evidenziato l’importanza dell’ereditarietà genetica nel successo o insuccesso scolastico.

Analizzando 1500 coppie di gemelli di dodici anni, i ricercatori hanno scoperto che il 50% della bravura dei figli, così come delle loro difficoltà, è attribuibile al DNA. Questo risultato mette in risalto il ruolo fondamentale della genetica nel determinare le capacità scolastiche dei ragazzi, offrendo una nuova prospettiva sull’importanza dell’ambiente familiare e degli insegnanti nel processo educativo.

È dunque inutile addossare le colpe esclusivamente agli insegnanti se uno studente appare svogliato o poco incline ad una materia. Una eventuale lentezza nell’apprendimento può essere, almeno in parte, genetica e derivare dai cromosomi ereditati da entrambi i genitori. Questa consapevolezza apre la strada a una comprensione più completa dei fattori che influenzano le performance scolastiche, incoraggiando una visione più inclusiva e contestualizzata del processo educativo.

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Papà in tarda età? I figli potrebbero essere più intelligenti

Gli uomini che diventano papà in età avanzata potrebbero essere destinati ad avere figli più intelligenti della media: ragazzi generalmente più ambiziosi, con un quoziente intellettivo elevato e una notevole capacità di concentrazione, sebbene possano manifestare alcune difficoltà nei rapporti sociali.

Queste interessanti conclusioni emergono da uno studio condotto da ricercatori inglesi e statunitensi nell’ambito del Twins Early Development Study, focalizzato sul ruolo dei geni e dell’ambiente durante la fase di sviluppo. Pubblicato su Translational Psychology, lo studio ha osservato una tendenza chiara che collega l’età paterna avanzata all’intelligenza più elevata dei figli.

Dai dati raccolti, è stato elaborato un indice basato su attributi come l’intelligenza non verbale e l’indifferenza verso alcuni aspetti sociali. I risultati dei test online condotti su ragazzi di circa 12 anni hanno confermato questa tendenza, mostrando che i figli di padri più anziani tendevano a ottenere punteggi più alti in tutti i parametri, confrontati anche con lo status socio-economico dei genitori.

Per i ragazzi con padri che avevano 25 anni o più, il punteggio medio dell’indice era di 39,6. Tuttavia, per i ragazzi con padri tra i 35 e i 44 anni, il punteggio aumentava fino a circa 41, mentre per quelli con papà cinquantenni o più anziani, i punteggi raggiungevano quota 57. Questo suggerisce che il 57% del punteggio dell’indice possa essere di natura ereditaria, evidenziando un equilibrio quasi paritario tra l’influenza genetica e l’ambiente.

Intriganti sono stati gli approfondimenti sulla componente femminile: l’età della madre sembra non influenzare in modo significativo i punteggi delle figlie. Tuttavia, quando si tratta di padri più anziani e figli maschi, gli stessi punteggi risultano costantemente elevati. Gli autori dello studio attribuiscono tutto questo non solo all’elemento genetico, ma anche al fatto che padri più anziani spesso godono di una migliore posizione socio-economica, offrendo ai loro figli migliori opportunità educative, maggiori stimoli e ambizioni più elevate.

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