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Scienziati vogliono costruire il DNA umano in laboratorio: l'incubo di Frankenstein

Costruire DNA umano da zero: la scienza ci è riuscita, ora il mondo si divide tra entusiasmo e paura

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

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Un nuovo progetto scientifico sta accendendo i riflettori, e le preoccupazioni, nel mondo della genetica. L’obiettivo? Costruire DNA umano interamente in laboratorio, partendo da zero. Un’impresa che potrebbe rivoluzionare la medicina e portare a progressi senza precedenti nella lotta contro le malattie, ma che al tempo stesso solleva domande inquietanti, tanto da evocare paragoni con l’incubo letterario del dottor Frankenstein.

Il progresso scientifico e il futuro della cura delle malattie

Il progetto, noto come Synthetic Human Genome Project, ha già ricevuto un finanziamento iniziale di 10 milioni di sterline dalla Wellcome Trust, la più grande organizzazione benefica al mondo dedicata alla ricerca biomedica. L’intento ufficiale è quello di realizzare blocchi di DNA sempre più grandi, fino a poter costruire interi cromosomi sintetici, utili per lo studio di malattie genetiche, l’invecchiamento e la rigenerazione di organi danneggiati.

Gli scienziati coinvolti vedono in questo approccio una “nuova frontiera” della biologia, capace di offrire soluzioni concrete per vivere più a lungo e in modo più sano. Le cellule modificate in laboratorio potrebbero infatti essere impiegate per curare patologie oggi incurabili, o per rigenerare parti del corpo con cellule resistenti alle malattie.

La paura del DNA umano creato in laboratorio

Ma se da un lato si intravede un potenziale positivo, dall’altro cresce il timore di derive pericolose. Secondo alcuni esperti, il rischio è che questa tecnologia venga sfruttata da soggetti senza scrupoli per fini tutt’altro che etici: dalla creazione di “super-umani” modificati geneticamente alla progettazione di armi biologiche, fino alla commercializzazione di “persone sintetiche” da parte delle multinazionali del farmaco. Il confine tra progresso e abuso potrebbe diventare sempre più labile.

Il professor Bill Earnshaw, genetista dell’Università di Edimburgo, ha dichiarato che una volta aperta la strada alla sintesi artificiale del DNA, sarà quasi impossibile controllarne gli usi futuri. Anche la sociologa Joy Zhang, coinvolta nel monitoraggio etico del progetto, ha sottolineato l’importanza di coinvolgere il pubblico e gli esperti in un dibattito trasparente, per affrontare da subito le implicazioni morali e sociali.

A complicare il quadro, c’è anche la questione della proprietà dei dati. Se un giorno dovessimo riuscire a creare organi o individui sintetici, chi ne sarebbe il legittimo proprietario? Le persone, i ricercatori, le aziende? E chi gestirebbe le informazioni genetiche prodotte?

La domanda che questo progetto ci pone non è solo scientifica, ma profondamente umana: fino a che punto possiamo spingerci nella creazione della vita? Come nel celebre romanzo di Mary Shelley, dove il dottor Frankenstein dà forma a una creatura che sfugge al suo controllo, anche oggi il rischio più grande potrebbe non essere la tecnologia in sé, ma l’incapacità di gestirne le conseguenze etiche, sociali e morali.

Al momento, i ricercatori assicurano che gli esperimenti resteranno confinati in provette e piastre di laboratorio, senza alcuna intenzione di dar vita a esseri viventi fatti e finiti. Ma è chiaro che il passo tra sperimentazione e applicazione potrebbe accorciarsi molto in fretta. Questo progetto prende forma proprio nel 25º anniversario del completamento dell’Human Genome Project, che per la prima volta permise di leggere l’intero codice genetico umano.

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