Invecchiare è inevitabile, ma ciò non significa che non si possa rallentare il processo alla base del decadimento cellulare. Una nuova, importante scoperta scientifica getta le basi per future terapie in grado di arginare l’invecchiamento e i disturbi ad esso legati. Un gruppo internazionale di ricercatori, infatti, ha identificato una proteina chiave, chiamata ReHMGB1, che può diffondere la senescenza cellulare in tutto l’organismo attraverso il sangue.
La senescenza è il processo mediante il quale le cellule perdono la capacità di dividersi, rigenerarsi e svolgere le proprie funzioni, pur restando vive. Con il tempo, l’accumulo di queste cellule “stanche” contribuisce all’infiammazione cronica, al declino fisiologico e all’insorgenza di numerose patologie legate all’età, come Alzheimer, diabete, osteoporosi, sarcopenia e vari tipi di tumore.
Ora, grazie agli studi su modelli animali e cellule umane in coltura, gli scienziati hanno dimostrato che ReHMGB1 può essere neutralizzata con anticorpi specifici, bloccando così il suo effetto negativo sull’organismo.
- Una scoperta che arriva dalla Corea
- Come agisce sul nostro organismo
- Tra sogno anti-age e realtà clinica
Una scoperta che arriva dalla Corea
A guidare la ricerca è stato un team della Facoltà di Medicina dell’Università della Corea, sotto la direzione del professor Ok Hee Jeon, docente di Scienze Biomediche. Al progetto hanno collaborato anche esperti del Dipartimento di Microbiologia dell’Università Yonsei, del Dipartimento di Bioingegneria della University of California, Berkeley, e del Jean Mayer USDA Human Nutrition Research Center on Aging, presso la Tufts University di Boston.
L’obiettivo iniziale era comprendere meglio il ruolo di HMGB1, una proteina già nota per essere associata ai processi di invecchiamento cellulare. Più precisamente, HMGB1 è una componente fondamentale del cosiddetto SASP, un insieme di molecole infiammatorie prodotte dalle cellule senescenti. Queste molecole possono influenzare le cellule vicine e innescare una sorta di “effetto domino” dell’invecchiamento.
Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che una forma modificata di HMGB1, chiamata ReHMGB1 , abbia la capacità unica di diffondersi nel sangue e trasmettere i segnali della senescenza a distanza, raggiungendo organi e tessuti anche molto lontani dalla fonte originaria.
Come agisce sul nostro organismo
In pratica, ReHMGB1 funziona come una sorta di “messaggero dell’invecchiamento”: una volta rilasciata dalle cellule senescenti, si mette in circolo attraverso il sangue e raggiunge cellule sane, inducendole a loro volta a diventare senescenti. Nei topi esposti a livelli elevati di ReHMGB1, i ricercatori hanno osservato un peggioramento della funzione muscolare, un aumento dei marcatori infiammatori e una ridotta capacità di rigenerazione dopo lesioni. Al contrario, quando la proteina è stata bloccata tramite anticorpi specifici, gli effetti si sono invertiti: la funzionalità cellulare è migliorata, l’infiammazione è diminuita e la rigenerazione dei tessuti è aumentata in modo significativo.
Tra sogno anti-age e realtà clinica
Sebbene la scoperta non rappresenti ancora una cura per l’invecchiamento, offre una nuova prospettiva terapeutica per intervenire su molte condizioni legate all’età. Neutralizzare ReHMGB1 potrebbe rallentare la diffusione della vecchiaia, migliorare la qualità della vita degli anziani e ridurre il rischio di malattie croniche.
La popolazione mondiale sta invecchiando rapidamente: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, entro il 2050 il numero di persone sopra i 60 anni raddoppierà, e i casi di demenza potrebbero triplicare, con l’Alzheimer in prima linea. Questo trend impone alla scienza la sfida di sviluppare strategie innovative per l’invecchiamento sano, e la scoperta si inserisce pienamente in questo scenario.