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La radio sparisce dalle auto, a rischio 26 milioni di italiani: la fine di un'epoca

Se la radio scompare dalle auto: 26 milioni di italiani rischiano di perdere un presidio di informazione accessibile

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Una volta era la prima cosa che si accendeva salendo in macchina. La radio era compagna di viaggio, colonna sonora del tragitto, ma anche fonte di informazione continua e affidabile. Oggi, però, quella presenza storica e rassicurante rischia di scomparire: secondo Agcom, 26 milioni di italiani potrebbero presto ritrovarsi a viaggiare senza la possibilità di ascoltare la radio in auto.

La denuncia arriva da Massimiliano Capitanio, commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che ha lanciato l’allarme: sempre più veicoli – in particolare le nuove auto elettriche – vengono prodotti senza un modulo radio integrato, né in analogico (FM), né in digitale (DAB). Al suo posto, solo porte USB e connessioni Bluetooth, pensate per dispositivi personali come smartphone e tablet.

Radio eliminata: una scelta tecnologica o un errore strategico?

A prima vista potrebbe sembrare un semplice passo avanti verso la modernità. In realtà, questa scelta porta con sé conseguenze rilevanti. Non si tratta solo di perdere un mezzo di intrattenimento, ma di mettere in discussione l’accesso all’informazione pubblica, gratuita e universale.

La radio è ancora oggi uno degli strumenti più democratici di comunicazione. Non richiede connessione internet, funziona anche in caso di emergenze e calamità, garantisce un flusso continuo di notizie, aggiornamenti sul traffico, allerta meteo. La sua eliminazione dall’auto potrebbe significare isolare milioni di cittadini da una delle fonti più immediate e dirette di informazione, soprattutto mentre si viaggia.

La preoccupazione degli addetti ai lavori

Tra i primi a rilanciare l’allarme c’è Alfredo Porcaro, direttore generale di Consulenza Radiofonica, che in un post su LinkedIn ha parlato di “una minaccia concreta al pluralismo informativo”. “Il problema non è la tecnologia, è la visione”, scrive Porcaro, sottolineando come sia necessario che costruttori, istituzioni e broadcaster si attivino per garantire che la radio resti accessibile, anche nei veicoli di nuova generazione.

Chi lavora nel mondo della radio, osserva ancora Porcaro, ha oggi una doppia responsabilità: aggiornarsi sulle nuove modalità di ascolto e al tempo stesso difendere la funzione pubblica della radio. La trasformazione digitale non può tradursi in una marginalizzazione di strumenti che hanno dimostrato – anche durante la pandemia o in contesti di emergenza – la loro insostituibilità.

Non si tratta di nostalgia

La scomparsa della radio dall’auto non è un tema per nostalgici del passato, ma una questione culturale e sociale. Non tutti hanno accesso a dati mobili illimitati, non tutti sanno usare app e piattaforme digitali mentre guidano, e soprattutto non tutti possono permettersi di dipendere dallo smartphone per ogni cosa.

Inoltre, la radio resta uno dei pochi media locali capillari, in grado di informare in tempo reale sulle condizioni del traffico, incidenti, deviazioni e notizie di rilevanza regionale. Togliere la radio dalle auto significa anche ridurre il presidio informativo sui territori, spesso già penalizzati da altre forme di taglio all’informazione locale.

Una chiamata all’azione per istituzioni e industria

La questione sollevata da Agcom e dagli esperti del settore chiama in causa produttori automobilistici, legislatori e autorità di regolazione. Serve una riflessione ampia, che tenga conto non solo della spinta tecnologica, ma anche dell’impatto che certe scelte possono avere sulla società e sul diritto all’informazione.

Non si tratta di tornare indietro, ma di non lasciare indietro nessuno. L’evoluzione dell’auto smart e connessa non può prescindere da soluzioni inclusive, capaci di integrare le innovazioni senza cancellare strumenti ancora fondamentali.

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