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Natale, 'no abbracci e baci' per malattia contagiosa. Non è Covid

Una nuova minaccia sulla nostra salute mette in discussione le feste di Natale: quest'anno non si tratta del Covid-19 ma di un'altra malattia.

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

L’approccio alle festività natalizie di quest’anno potrebbe richiedere una svolta inaspettata, poiché gli esperti stanno prendendo in considerazione l’idea di adottare nuove pratiche sociali per evitare la diffusione di un’infezione potenzialmente letale, che, a differenza del Covid, è la pertosse. In un contesto in cui gli abbracci e i baci sono tradizionalmente segni di affetto e gioia, il ritorno al gesto di “sbattere i gomiti” per salutarsi potrebbe essere la chiave per garantire un Natale sicuro.

Questo cambiamento di prospettiva è alimentato dal significativo aumento dei casi di pertosse in tutta Europa e nel Regno Unito, che ha portato gli esperti a richiamare l’attenzione sulla necessità di rivedere le strategie di prevenzione in vista delle festività. Andiamo dunque a scoprire cosa sta succedendo e come fare per difendersi da questa sorta di nuova epidemia.

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La crescita preoccupante della pertosse in Europa

Andiamo con ordine e torniamo dal principio. L’inverno in corso ha visto la pertosse tornare ad essere una minaccia rilevante in diverse parti d’Europa, sfidando la percezione generalmente focalizzata sul Covid.

Un professore universitario britannico ha lanciato un chiaro segnale di allarme, evidenziando la necessità di riconsiderare le misure di prevenzione poiché i casi di pertosse sono aumentati in modo significativo.

I dati dell’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA) indicano un triplo aumento dei casi sospetti di malattia vittoriana rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche la Croazia è stata colpita da un’epidemia di pertosse, con più di mille casi confermati, concentrati principalmente in alcune regioni come Spalato e Zagabria, ma con una diffusione preoccupante anche nella città di Fiume. Preoccupante anche la situazione in Ucraina, anche per via del conflitto in corso che rende difficoltoso il reperimento dei farmaci e anche dei vaccini per prevenirla.

La pertosse: cos’è e quali sono i sintomi

Comunemente etichettata come la “tosse dei 100 giorni“, la pertosse presenta una complessità maggiore quando ci si addentra nei dettagli dell’infezione respiratoria.

Questa patologia, provocata da un batterio chiamato Bordetella pertussis, va oltre l’apparenza dei suoi sintomi iniziali. Inizialmente, la malattia può presentarsi con sintomi lievi, quali naso che cola e mal di gola, che talvolta possono essere erroneamente attribuiti a un raffreddore comune. Tuttavia, la pertosse prende poi una piega più grave, sfociando in attacchi persistenti di tosse caratterizzati da un suono distintivo simile a un grido. Questo sintomo può persistere per settimane, dando origine appunto al termine “tosse dei 100 giorni.”

Il panorama della pertosse ha subito un radicale cambiamento con l’introduzione del vaccino negli anni ’40 del Novecento. Da un tempo in cui era diffusa globalmente, costituendo la principale causa di decessi tra i bambini, la pertosse è ora diventata un problema sanitario predominante principalmente nei Paesi in via di sviluppo, dove i programmi vaccinali sono ancora in ritardo.

In termini più semplici, possiamo affermare che il vaccino anti-pertosse ha segnato un cambiamento epocale, portando a una drastica diminuzione dei casi di questa malattia nei Paesi più industrializzati del mondo.

Attualmente, a livello mondiale, la pertosse rimane una malattia infettiva che colpisce annualmente circa 16 milioni di persone (dato del 2015) e rappresenta la causa di morte per 58.700 individui in tutto il globo (dato del 2015).

La pertosse colpisce principalmente i polmoni e i tubi respiratori, creando un ambiente favorevole per la proliferazione del batterio. Ciò può comportare una serie di complicazioni, specialmente nei neonati e nei bambini piccoli, che possono andare incontro a gravi attacchi di tosse seguiti da episodi di vomito e difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, per i più piccoli può condurre tragicamente anche alla morte.

Tuttavia, è importante notare che, sebbene raramente porti a gravi conseguenze negli adulti, la pertosse può ancora provocare una tosse secca e prolungata, con il rischio di trasmettere l’infezione ad altri. Il numero di crisi di tosse, nell’arco di un’intera giornata, può variare da 5 ad addirittura 40.

Contro la pertosse, la prevenzione è cruciale: l’importanza della vaccinazione

La prevenzione è essenziale in quanto la pertosse si diffonde attraverso l’aria, particolarmente quando una persona infetta starnutisce o tossisce. Il professor Richard Tedder, ex capo del dipartimento di virologia dell’University College London (UCL), ha sottolineato che durante le festività natalizie potrebbe verificarsi un ulteriore aumento dei casi. Pertanto, suggerisce di adottare nuovamente la pratica del “battere i gomiti” per salutarsi, nonché di evitare abbracci e baci per ridurre il rischio di trasmissione. Misure che in tanti hanno adottato nel periodo più critico della pandemia di Covid-19 e che potrebbero salvare delle vite anche in questa occasione.

L’incremento dei casi di pertosse è attribuito, almeno in parte, al calo della copertura vaccinale. In Italia, il Ministero della Salute raccomanda la vaccinazione di tutti i bambini, fornendo un piano di dosi per garantire una protezione continua. Le autorità sottolineano inoltre la necessità di vaccinare le donne in gravidanza, in modo da trasferire gli anticorpi materni al bambino, in modo di offrire una protezione precoce al neonato.

Il richiamo alle misure preventive del Covid-19: valgono anche per la pertosse

In un momento in cui la pandemia di Covid rimane una minaccia costante, per quanto attenuata, l’attenzione si sposta ora verso la pertosse. Gli esperti di tutto il mondo enfatizzano l’importanza di adottare misure preventive adeguate, tra cui la pratica di “sbattere i gomiti” durante le celebrazioni natalizie. Questo cambiamento nei gesti affettuosi non solo serve a proteggere la salute pubblica ma anche a garantire che le festività siano un momento di gioia e non di rischio.

Come si cura la pertosse?

Il trattamento della pertosse è articolato in modo differenziato in base all’età del paziente, all’intensità dei sintomi e al momento in cui viene diagnosticata l’infezione. Questa varietà di approcci mira a fornire cure personalizzate e efficaci in ogni contesto.

Nei casi di pazienti molto giovani, inclusi neonati al di sotto dei 6 mesi, e in individui che manifestano una sintomatologia particolarmente severa, si rende necessario un trattamento “aggressivo”. Questo implica il ricovero ospedaliero, che consente una sorveglianza medica intensiva per affrontare la gravità dell’infezione.

Diversamente, i pazienti di giovane età e quelli adulti con sintomi nella norma possono solitamente recuperare da casa, poiché l’infezione in questi casi non è considerata grave. La gestione si concentra sul monitoraggio delle condizioni generali del paziente e sul controllo della sintomatologia.

Quando la diagnosi avviene entro le prime 3 settimane dall’inizio dell’infezione, è previsto un trattamento antibiotico. L’obiettivo principale è fermare l’infezione e prevenire la sua diffusione ad altre persone, sottolineando l’importanza di una tempestiva identificazione della pertosse.

D’altra parte, se la diagnosi avviene dopo il superamento delle prime 3 settimane (quindi dopo l’inizio della fase parossistica), non è raccomandato alcun trattamento antibiotico. In questo punto della malattia, il batterio ha già influito in modo significativo e il paziente non è più contagioso per gli altri. L’approccio terapeutico si orienta quindi verso il sollievo dei sintomi e il monitoraggio della fase di convalescenza. Questa strategia differenziata mira a massimizzare l’efficacia delle cure, adattandole alle specifiche esigenze del paziente e al tempo trascorso dall’inizio dell’infezione.

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