Fonte: Ansa

Papa Leone XIV recita il Credo omettendo la clausola 'Filioque': il gesto ecumenico che aveva fatto anche Papa Francesco. Ecco cosa significa

Papa Leone XIV ha scelto di recitare il Credo senza la clausola più discussa

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Durante una celebrazione ecumenica per ricordare i martiri cristiani del XXI secolo, Papa Leone XIV ha guidato i presenti nella recita del Credo niceno-costantinopolitano. Un dettaglio non è sfuggito agli osservatori: il Pontefice ha scelto di pronunciare il testo senza la clausola “Filioque”, ossia l’espressione latina che specifica che lo Spirito Santo procede “dal Padre e dal Figlio”. Non è la prima volta che accade nella storia recente: anche Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, in contesti ecumenici, avevano adottato la stessa decisione.

Cosa significa “Filioque”

La clausola Filioque ha un peso enorme nella storia del cristianesimo. Inserita in Occidente a partire dal Medioevo, ha contribuito a sancire la separazione con le Chiese d’Oriente. Per la tradizione cattolica e protestante, lo Spirito Santo procede tanto dal Padre quanto dal Figlio; per gli ortodossi, invece, il riferimento deve restare solo al Padre, come nel testo originario del Credo approvato dai concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381). La divergenza è stata per secoli motivo di incomprensioni teologiche e di divisione ecclesiale.

Il significato ecumenico dell’omissione

Non citare il Filioque durante una preghiera comune non significa rinnegare la dottrina cattolica, ma rappresenta un gesto di apertura verso le Chiese ortodosse. In contesti dove la priorità è la ricerca dell’unità, l’omissione diventa un segnale di rispetto e di dialogo. In passato, anche Papa Francesco aveva compiuto questo passo in alcune celebrazioni con i Patriarchi ortodossi, segno che la sensibilità ecumenica non è episodica ma fa parte di un cammino condiviso.

Il contesto della celebrazione

La preghiera ecumenica presieduta da Leone XIV si è svolta il 14 settembre 2025 nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a Roma. L’incontro era dedicato alla memoria dei martiri cristiani del nostro tempo, figure che in molte parti del mondo hanno testimoniato la fede fino al sacrificio estremo. Il programma ufficiale diffuso dal Vaticano sottolineava in particolare la centralità delle Beatitudini e le testimonianze di comunità perseguitate. Ma alcuni resoconti hanno riportato che, nel corso della celebrazione, il Papa avrebbe guidato anche la recita del Credo, scegliendo di non menzionare la clausola contestata.

I precedenti nella storia recente

Giovanni Paolo II, durante incontri ecumenici negli anni Novanta, già aveva dato l’esempio recitando il Credo nella versione “orientale”. Benedetto XVI ha fatto lo stesso in diverse occasioni, specialmente in viaggi in Paesi ortodossi. Papa Francesco, infine, ha più volte adottato questa prassi, ad esempio durante la visita al Fanar, sede del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. La scelta di Leone XIV appare quindi in continuità con un percorso già tracciato, ma ogni volta assume un significato particolare legato al momento storico.

Perché è importante oggi

Il rapporto tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse è da tempo segnato da tentativi di avvicinamento. La frattura del 1054, il cosiddetto “Grande Scisma”, rimane una ferita non del tutto rimarginata, ma i dialoghi teologici e i gesti simbolici hanno creato spazi di maggiore comprensione reciproca. Omettere il Filioque oggi significa riconoscere la sensibilità ortodossa e rafforzare l’idea che l’unità dei cristiani è una priorità, soprattutto in un’epoca segnata da nuove persecuzioni religiose.

Papa Leone XIV, con questa scelta, si inserisce in una tradizione di Pontefici che hanno usato i gesti liturgici come strumenti di diplomazia spirituale. Non si tratta di semplici dettagli, ma di segni che parlano alle comunità credenti più delle parole ufficiali.

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