Nel mondo digitale di oggi, interagire con l’intelligenza artificiale è diventato parte della vita quotidiana. Sempre più persone si rivolgono a chatbot come ChatGPT con formule di cortesia come “per favore” o “grazie”, trattandoli quasi come fossero esseri umani. Ma questa cortesia ha davvero un impatto positivo? E quali sono le conseguenze, non solo tecniche ma anche culturali, di questo comportamento?
- La gentilezza verso l'IA è un’abitudine diffusa
- Cortesia e risposte: c’è un effetto?
- Il costo invisibile della gentilezza
- Cortesia inutile o valore culturale?
- Una questione di equilibrio
La gentilezza verso l’IA è un’abitudine diffusa
Una ricerca condotta nel dicembre 2024 mostra che la maggior parte degli utenti tende a essere gentile con i chatbot. In particolare, il 71% degli intervistati nel Regno Unito e il 67% negli Stati Uniti dichiara di utilizzare regolarmente formule di cortesia durante le interazioni con l’IA. Questo fenomeno si spiega facilmente: più l’intelligenza artificiale sembra umana, più siamo portati a comportarci con essa come con una persona reale.
Cortesia e risposte: c’è un effetto?
Dal punto di vista tecnico, le parole gentili non migliorano la qualità delle risposte. ChatGPT, ad esempio, elabora i prompt in base alla loro struttura e al contenuto, indipendentemente dal tono cortese o brusco. In altre parole, dire “per favore” non rende l’IA più intelligente né più precisa. Tuttavia, le implicazioni non finiscono qui.
Il costo invisibile della gentilezza
Quel che molti non sanno è che ogni parola digitata in un prompt ha un costo, soprattutto in termini di risorse computazionali. Sam Altman, CEO di OpenAI, ha recentemente dichiarato che le formule di cortesia usate dagli utenti hanno generato decine di milioni di dollari di costi aggiuntivi. Questo perché ogni parola in più comporta più elaborazione, più energia consumata, e dunque un maggiore impatto ambientale.
Se si moltiplica il numero di parole “inutili” per milioni di utenti attivi ogni giorno, l’effetto è tutt’altro che trascurabile. Anche un semplice “grazie” ripetuto milioni di volte può diventare un fattore di inquinamento digitale e consumo energetico non indifferente.
Cortesia inutile o valore culturale?
Nonostante l’impatto ambientale, molti esperti difendono la cortesia verso l’IA per il suo valore sociale e culturale. Jaime Banks, esperta di relazioni uomo-macchina, sottolinea che il modo in cui ci rivolgiamo a un’intelligenza artificiale può riflettere e persino influenzare il nostro comportamento interpersonale. Se ci abituiamo a essere bruschi con un chatbot, potremmo inconsciamente estendere questa modalità comunicativa anche agli esseri umani.
Secondo questa visione, trattare con rispetto anche una macchina può aiutare a preservare buone abitudini sociali. La cortesia diventa allora un esercizio quotidiano di empatia, anche se l’interlocutore è solo una riga di codice.
Una questione di equilibrio
Il dibattito tra cortesia e sostenibilità è più attuale che mai. Da un lato, c’è il desiderio di mantenere interazioni umane e rispettose, anche con le macchine. Dall’altro, ci sono considerazioni pratiche e ambientali che non possono essere ignorate. Forse la soluzione sta nel trovare un equilibrio consapevole, limitando le formule inutili ma senza rinunciare del tutto a un tono civile.
Alla fine, non è l’IA ad aver bisogno di gratitudine, ma siamo noi a voler mantenere certe abitudini di rispetto e gentilezza. Il problema è che questa gentilezza, nel contesto digitale, non è gratuita. Ha un costo economico, ambientale e operativo. Ma rinunciare completamente alla cortesia potrebbe anche erodere lentamente le nostre norme di comportamento sociale.
Come in molte cose, la risposta non è bianca o nera: usare la cortesia con l’IA può avere senso, ma con la consapevolezza del contesto e delle conseguenze. Anche nel mondo virtuale, ogni parola conta — in tutti i sensi.