Perché gli squali attaccano le persone che nuotano su un materassino o tavola da surf

Non è nulla di personale, "semplicemente" uno scambio d'identità

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Gli attacchi di squali contro le persone, in particolare contro i surfisti, sono un fenomeno che suscita timore e curiosità. Nonostante la loro rarità, questi episodi attirano sempre molta attenzione mediatica, alimentando miti e paure. Tuttavia, comprendere le reali motivazioni dietro questi attacchi è essenziale per promuovere una convivenza più sicura tra esseri umani e squali. Esploriamo le cause principali degli attacchi di squali, con un focus particolare sui rischi per i surfisti, e vediamo consigli pratici su come minimizzare il pericolo durante le attività acquatiche.

Lo studio che spiega gli attacchi

Niente di personale. Gli squali attaccano gli esseri umani non perché ci trovino particolarmente appetibili e affascinanti, ma semplicemente perché sbagliano preda. Una notizia che conforta, ma neanche più di tanto: non è mai bello essere azzannati da queste creature, seppur per errore.

Gli scienziati lo sospettavano da tempo, ma ora a confermarlo è uno studio pubblicato sul Journal of the Royal Society Interface: quando uno squalo va all’attacco di un umano lo fa perché è convinto che sta approcciando un altro animale. Si chiama “mistaken identity theory”, che come riporta Focus, si può tradurre con “scambio d’identità“.

Generalmente gli squali che attaccano gli uomini sono di tre specie: lo squalo tigre, lo squalo leuca e lo squalo bianco. Gli attacchi non sono così numerosi, ma ultimamente si verificano più del solito, soprattutto in Australia, dove i surfisti di tanto in tanto fanno incontri ravvicinati decisamente paurosi con esemplari giovani di squalo bianco.

Lo studio condotto da un team della Macquarie University di Sydney si è svolto in due fasi. La prima all’acquario del Taronga Zoo, a Sydney: con telecamere sottomarine e uno scooter subacqueo, il team ha filmato “da sotto” il nuoto di foche e leoni marini, ma anche di esseri umani. Nella seconda fase questi filmati sono stati affidati a un modello informatico costruito in base alle capacità visive degli squali, che sono daltonici, e quindi per puntare la loro preda si basano sulla sua silhouette.

I risultati dello studio

I risultati hanno confermato che dal punto di vista di uno squalo un surfista ha la stessa sagoma e compie gli stessi movimenti di un cucciolo di foca o di leone marino. Con ogni probabilità quindi gli attacchi ai danni degli esseri umani si spiegano con uno scambio d’identità. Non a caso spesso ad attaccare sono gli squali più giovani, che ci vedono peggio e non hanno ancora accumulato esperienza sufficiente per distinguere un cucciolo di foca da un umano su una tavola da surf.

Consigli e precauzioni

Gli squali, dunque, attaccano i surfisti per una combinazione di fattori legati alla loro biologia, comportamento e percezione dell’ambiente. Confondono i surfisti con le loro prede naturali, come le foche e le tartarughe. Vista dall’acqua, una persona su una tavola da surf può assomigliare molto a una di queste prede. Attenzione anche ai materassini o gonfiabili sui quali potete sdraiarvi a prendere il sole in acqua.

Gli attacchi di squali, sebbene rari, rappresentano un rischio reale per i surfisti e gli amanti del mare. Conoscere le motivazioni dietro questi attacchi e adottare misure preventive può fare la differenza tra un incontro spaventoso e una giornata di surf indimenticabile. Evitare di entrare in acqua all’alba o al tramonto, evitare aree note per la presenza di squali e rimanere in gruppo sono solo alcune delle precauzioni che possono ridurre significativamente il rischio.

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