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Attacco nucleare, cosa fare nei primi 10 minuti? Mai guardare il 'flash'

Mai cedere all’istinto e mai guardare il “flash”: ecco le regole chiave da seguire dopo un’esplosione nucleare.

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

L’idea di un attacco nucleare evoca scenari da incubo, ma gli esperti ricordano che anche in una situazione estrema la differenza tra vita e morte può giocarsi nei primi 10 minuti. Sono momenti in cui il panico e la confusione rischiano di prendere il sopravvento, ma sapere come agire può aumentare le possibilità di sopravvivenza.

Il lampo accecante: perché non bisogna guardarlo mai

Il primo errore da evitare è farsi guidare dall’istinto e dalla curiosità. Dopo un’esplosione nucleare, il cosiddetto “flash” genera una luce abbagliante e potentissima. Guardarla anche solo per pochi secondi può causare cecità temporanea o permanente. Per questo la regola numero uno è semplice ma fondamentale: coprire subito gli occhi, abbassarsi a terra e cercare riparo. Restare immobili a osservare, come un cervo paralizzato dai fari di un’auto, può risultare fatale.

Il rifugio migliore? Deve essere dolido e senza finestre

Nei primi minuti conta la velocità, ma anche la scelta del posto giusto. Gli esperti consigliano di cercare un riparo con pareti spesse, in cemento o mattoni. Un bunker è l’ideale, ma in mancanza si può optare per ambienti interni come corridoi, cantine o bagni privi di finestre. Più strati di materiale solido ci sono tra noi e l’esterno, più aumenta la protezione dalle radiazioni e dall’onda d’urto.

Il nemico invisibile: la polvere radioattiva

Se il lampo e l’onda d’urto sono immediati, il vero pericolo arriva subito dopo: la ricaduta radioattiva. Minuscole particelle di polvere contaminata possono diffondersi nell’aria e penetrare all’interno degli edifici. Per questo è fondamentale sigillare porte, finestre e fessure, spegnere sistemi di ventilazione e creare una barriera con nastro adesivo o panni umidi. Ogni dettaglio può fare la differenza.

Il kit di sopravvivenza: cosa serve davvero

Prepararsi in anticipo può salvare la vita. Un kit d’emergenza dovrebbe includere:

  • acqua potabile,
  • cibo in scatola,
  • torcia elettrica,
  • batterie di ricambio,
  • radio a onde corte
  • e nastro adesivo.

Avere questi strumenti pronti in casa permette di guadagnare tempo prezioso e ridurre l’esposizione al mondo esterno. Non serve un bunker high-tech: anche piccoli accorgimenti pratici possono garantire sicurezza.

Resistere all’istinto: restare dentro almeno 24 ore

Forse l’aspetto più difficile è quello psicologico. Dopo l’esplosione, l’istinto naturale è correre all’aperto, cercare notizie o mettersi in viaggio. È però la scelta più pericolosa: all’esterno si è esposti alle radiazioni e ai detriti. Gli esperti raccomandano di restare al chiuso per almeno 24 ore, in attesa di indicazioni ufficiali. La disciplina e il controllo della paura diventano, in questi casi, armi di sopravvivenza tanto quanto i muri di cemento.

Sapere è la prima forma di difesa

Un attacco nucleare resta un’eventualità estrema e poco probabile, ma la conoscenza è un fattore determinante. Informarsi in anticipo, conoscere i rischi e avere un piano riduce il caos dei momenti critici. Nei primi 10 minuti non si può improvvisare:

  1. coprire gli occhi,
  2. trovare riparo,
  3. sigillarsi all’interno
  4. e resistere alla tentazione di uscire sono le quattro regole di base.

Prepararsi non significa vivere nella paura, ma avere la consapevolezza necessaria per affrontare anche lo scenario peggiore.

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