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Che differenza c'è tra i verbi transitivi e intransitivi

Qual è la differenza tra verbi transitivi e verbi intransitivi? E come li utilizziamo all'interno del parlare quotidiano?

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Tra i verbi transitivi e intransitivi c’è una differenza che concerne la loro relazione con gli altri elementi basilari della proposizione, ossia col soggetto e col complemento diretto. Si parla, a questo proposito, di “funzione grammaticale” per indicare il ruolo reciproco degli specifici componenti nel contesto della frase, con riferimento al loro significato lessicale.

Sintatticamente tale differenza si concreta nell’attitudine o meno a sostenere un complemento oggetto esterno, ovvero il fattore della funzione grammaticale che indica l’essere vivente, o la cosa, su cui si ripercuote l’attività del soggetto. Come si ricorderà dai tempi della scuola, si vuole insegnare che il complemento oggetto si identifica mediante la risposta ai quesiti “chi” e “che cosa”, che si fanno seguire al verbo.

Differenze e usi

Per i verbi intransitivi, a differenza che per i transitivi, non c’è altro referente, tra gli elementi della frase, che il soggetto. Essi non supportano il complemento oggetto. Alcuni possono, eccezionalmente, reggere un complemento oggetto interno. Questo è un’unità espressiva con significato analogo al verbo e, talvolta, anche con la medesima etimologia. Esempi di verbi transitivi sono acquistare, descrivere, rompere e via dicendo, mentre correre e cadere lo sono di intransitivi dal momento che, per così dire, si esauriscono in se stessi. Essi, non necessitando di un complemento diretto, possono al più essere integrati da complementi indiretti (es. moto a luogo).

Tra i rari casi in cui verbi intransitivi possono comportarsi come se tali non fossero, tollerando un complemento oggetto interno, si possono citare piangere e vivere. Nelle locuzioni “piangere lacrime” e “vivere una vita” si evidenziano identità di significato e di radice etimologica tra verbo e complemento. Giova evidenziare che i casi di cui si è appena detto, costituendo eccezioni alla regola, non incidono in alcun modo sulla differenza che c’è tra i verbi transitivi e intransitivi e non modificano la natura dei secondi. La deroga, parziale e limitata ad espressioni particolari, non ne autorizza infatti la classificazione tra i primi.

Quando il complemento è sottointeso

Mentre alcuni verbi transitivi necessitano di un complemento diretto esplicito (es. descrivo che cosa?), altri possono sottintenderlo tacitamente: è il caso di “scrivere” in una locuzione del tipo “ti scrivo” (una lettera, un messaggio ecc.).
Corollario della differenza che c’è nella lingua italiana tra i due tipi di verbi è che solo i transitivi, e mai gli intransitivi, si possono volgere nelle forme passiva e riflessiva. È possibile dire “sono lavato” o “mi lavo” perché lavare è transitivo mentre non si può dire “sono corso”, né “mi corro”, in quanto correre è intransitivo.

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