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Agnello e abbacchio: qual è la differenza e come riconoscere la carne

L'agnello e l'abbacchio sono spesso confusi tra loro: ecco qual è la differenza fra queste due carni

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Con l’approssimarsi della Pasqua i più piccoli pensano alle uova di cioccolato da chiedere a mamma e papà, mentre gli adulti iniziano a fare mente locale sulla spesa per il grande giorno. In molte case si consumerà la carne d’agnello, anche se ogni anno gli animalisti – e non solo – cercano di sensibilizzare sulla questione (A proposito, sai che potresti trovare la carne d’agnello nel ‘tagliere’ dei cibi più disgustosi al mondo di uno Stato?).

Sempre di più, infatti, sono le voci di coloro che invitano a risparmiare questi animali da una morte stabilita in nome di antiche tradizioni culinarie e religiose. Nelle macellerie e nei supermercati abbondano le confezioni di agnello e abbacchio da portare in tavola nel giorno di Pasqua, ma che differenza c’è tra questi due termini? Indicano la stessa cosa, o sono animali diversi? E quali sono le loro caratteristiche distintive? Cerchiamo di fare chiarezza.

Qual è la differenza tra agnello e abbacchio?

Innanzitutto va detto che si sta parlando di un tipo di carne che, a quanto pare, sarebbe buona cosa consumare anche nel resto dell’anno come alternativa alle carni bianche.

Le proprietà della carne d’agnello sono:

  • ricca di proteine;
  • leggera ma sostanziosa e facilmente digeribile;
  • generosa in termini di sali minerali, vitamine e fonte preziosa di potassio.

Come anticipato prima, però, bisogna distinguere tra i termini agnello e abbacchio per non generare malintesi e per essere certi di non utilizzarli a sproposito. Pensate che confusione potrebbe crearsi in macelleria se cliente e macellaio non fossero allineati nell’uso delle parole con cui riferirsi ai diversi tagli di carne.

Entrambi i termini fanno riferimento a un ‘piccolo’ di pecora ma la differenza tra agnello e abbacchio sta tutta nella diversa età dell’ovino e nel suo nutrimento.

Le caratteristiche dell’agnello sono:

  • ha 4-10 mesi;
  • si nutre di fiori ed erba;
  • pesa all’incirca 10 kg.

Nella simbologia biblica l’agnello è il simbolo della purezza e del sacrificio.

Le caratteristiche dell’abbacchio, invece, sono:

  • ha 25-30 giorni di vita;
  • pesa 4-6 kg
  •  viene nutrito solo con il latte della madre.

Proprio la macellazione così precoce dell’abbacchio conferisce alla sua carne un sapore decisamente tenero e dolce, diverso non solo da quello dell’agnello ma anche da quello dell’ovino adulto. A voler essere precisi, quindi, lo si dovrebbe chiamare agnello da latte.

Perché l’agnello si mangia a Pasqua

Ma qual è il legame tra l’agnello e la festa di Pasqua? A venirci in aiuto in tal senso è la tradizione ebraica. Nel dodicesimo capitolo del Libro dell’Esodo si racconta di come Mosè organizzò la fuga del suo popolo dall’Egitto e tutti gli ebrei uccisero un agnello, consumandone la carne in piedi, e segnarono con il sangue dell’animale le porte delle abitazioni. Così facendo avrebbero risparmiato i loro primogeniti dalla decima piaga, quella che vide morire i primi figli degli Egiziani, compreso quello del Faraone, che solo così si convinse a lasciar andare via gli Israeliti. Con questo versetto, in particolare, Mosè istituì la Pasqua: “Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne”.

C’è però chi fa risalire la tradizione dell’agnello consumato a Pasqua a un periodo ben antecedente rispetto alla nascita dell’ebraismo. Si parla infatti della tradizione pagana legata al momento in cui i pastori celebravano l’inizio del nuovo anno, nella notte che precedeva la partenza per i pascoli estivi. Nelle ore notturne si sacrificavano i primi nati del gregge e il loro sangue veniva usato a scopo apotropaico e propiziatorio per proteggere pastori e greggi da influenze demoniache e assicurare la fecondità. La carne invece veniva consumata nel corso di un pasto cultuale che rinsaldava i vincoli di parentela della famiglia e della tribù.

Perché l’abbacchio si chiama così?

Passando invece all’abbacchio forse non tutti sanno perché si chiami così. Il termine sembra che abbia origini latine. In particolare, la parola in questione sarebbe baculus, che indica il bastone con il quale il piccolo di pecora veniva legato durante il pascolo e poi ucciso. Come abbiamo visto prima, infatti, l’abbacchio viene macellato quando ha circa un mese di vita. Nel dialetto romano il termine ‘abbacchiare’ indica la pratica con cui in passato veniva abbattuto il piccolo ovino. Non è dunque un caso se nel gergo romanesco con questo termine si indica una persona affranta.

Agnello e abbacchio: come riconoscere le carni e come cucinarle

Ora che abbiamo capito la differenza tra agnello e abbacchio vediamo però come distinguerli a livello visivo quando andiamo in macelleria.

La carne dell’abbacchio è riconoscibile perchè:

  • a livello cromatico, presenta un colore rosa tenue;
  • al palato ha un sapore delicato.

Invece, la carne di agnello presenta:

  • un colore intenso che tende sempre più al rosso vivo negli esemplari più grandi;
  • un sapore deciso (più l’animale ha brucato erba e più le carni sanno di selvatico).

Anche nel momento in cui viene cotta, la carne di abbacchio richiede un trattamento diverso rispetto a quella dell’agnello. Evitiamo allora di saltarla pochi minuti per lato lasciando l’interno crudo. Con la carne di abbacchio bisogna comportarsi come quando si ha a che fare con la carne bianca, ovvero la si deve cuocere in maniera uniforme fino al suo interno.

Parliamo per questo di cotture lente, al forno o in padella assieme a dei liquidi, come l’abbacchio alla romana (aromatizzato con aglio e rosmarino e innaffiato da vino bianco) o l’abbacchio alla cacciatora (cotto per 45 minuti con strutto, aromi e acciughe). Fa eccezione l’abbacchio a scottadito, ricetta della tradizione pasquale. In questo caso prima si marinano le costolette di agnello e poi si passa a una rapida cottura sulla brace o sulla griglia.

L’agnello invece è una carne dal gusto più intenso. La si può consumare impanata e fritta, come si fa a Roma, ma è buona anche alla griglia, in umido o al forno. Questo perché grazie allo strato di grasso rimane sempre morbida e succosa. Se siete in cerca di qualche ricetta con l’agnello da portare in tavola a Pasqua potreste provare le pappardelle con ragù di agnello e carciofi. Un altro primo piatto piuttosto classico da replicare sono i ravioli di agnello, con l’agnello cotto in umido e messo nel ripieno del raviolo e il fondo di cottura come salsa. Chi è in cerca di un secondo, invece, può optare per lo spezzatino di agnello con piselli e cipolline borettane.

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