Pensavate che, per partecipare alle Olimpiadi, si dovesse essere dei campioni? Dei fuoriclasse in una qualche disciplina? Beh, pare che non funzioni esattamente così. Almeno, a vedere alcuni “atleti” gareggiare sembrerebbe che ci siamo persi qualcosa… Vi sareste mai immaginati di vedere una freestyler che non sa fare delle acrobazie? Ebbene sì, è successo. Ed è successo nei giorni scorsi, alle Olimpiadi Invernali di Pyeongchang. Ungherese nata negli Stati Uniti, Elizabeth Swaney – coi suoi sci ai piedi – ha lasciato tutti a bocca aperta. E no, la sua bravura non c’entra niente (anche perché quella bravura non c’è, proprio per niente). Col suo sguardo di sfida, della serie “e chi l’ha detto che devo saper fare le acrobazie?”, è scesa in pista. E non ha fatto niente. Ma niente per davvero. O meglio, i punti del tracciato halfpipe li ha toccati tutti, ma non ha fatto un’evoluzione che fosse una. Non che ci abbia provato, senza riuscirci. Non aveva proprio alcuna intenzione di farle, quelle evoluzioni. Ed era felice, all’arrivo. Si è pagata da sola il viaggio, per arrivare qui. Ha deciso di vivere un sogno, senza averne il minimo talento. Del resto, non è forse questo il miglior modo di viversi la vita?
Non è peraltro un caso isolato, quello di Elizabeth Swaney (che in passato si è candidata in politica contro Schwarznegger e che ha partecipato a un reality sui peggiori cuochi d’America: è tutto vero, purtroppo). Nel 2000, a Sidney, ha gareggiato per la Guinea Equitoriale un “nuotatore” – tale Eric Moussambani – che, con ogni probabilità, prima di quel momento aveva nuotato solo nella vasca da bagno di casa. Era un pallavolista, per la verità. E aveva imparato a nuotare solamente 8 mesi prima nella piscina di un hotel. Segnò il tempo più lento di tutta la storia delle Olimpiadi, gareggiando da solo. E perdendo anche la competizione con se stesso. Ma il tifo esterrefatto della gente fu per lui come una medaglia d’oro.
C’è in fondo un che di romantico, in tutto questo. Nel sogno rincorso, nel non volercela neppure fare. I giamaicani sul bob ai Giochi di Calgary del 1998 con ribaltamento del mezzo (persino la Disney ci fece un film), il salto da trampolino di Eddie The Eagle Edwards che – dopo aver tentato (invano) con lo sci di fondo – testardo e convinto si trasferì in Finlandia per imparare i trucchi del mestiere, ma riuscì ad arrivare comunque ultimo (per dirla con un eufemismo). Offendendosi pure. Perché davvero si può dire che c’è qualcosa di impossibile?
Anche delle teste coronate hanno preso parte alle Olimpiadi senza essere dei talenti sportivi. È il caso di sua maestà il principe messicano Hubertus von Hohenlohe: di professione cantante, per hobby partecipò a 12 Mondiali di sci alpino e 4 Olimpiadi, sempre con pessimi risultati. Ma tra i protagonisti delle competizioni a cinque cerchi abbiamo visto anche dei perfetti sconosciuti come lo sciatore marocchino di cui è incerta anche l’identità (secondo le ipotesi più accreditate si chiamerebbe Brahim Izdag o IB Abdellah Brahim): va detto che la sua caduta e la tenacia nel tentativo di arrivare al traguardo sono memorabili, più del suo nome.
Alle Olimpiadi di Salt Lake City, nel 2002, una medaglia d’oro è finita tra le mani di Steven Bradbury, che nelle competizioni precedenti aveva rischiato di morire dissanguato per il taglio dell’arteria femorale e per la frattura del collo. Eliminato ai quarti venne ripescato in seguito alla squalifica di un avversario; in semifinale è in findo al grupo, ma cadono in due e uno è squalificato, quindi passa il turno con tranquillità; in finale è ultimo con distacco, ma i più quotati rivali si toccano finendo contro la balaustra e quindi sul ghiaccio da dove si vedono sfilare davanti ilbuon Bradbury che va a conquistare il suo incredibile oro olimpico. La chiamate ancora spavalderia?