Chi osserva la Luna dalla Terra ha sempre la sensazione di conoscerla, almeno per metà. Il nostro satellite naturale ci mostra infatti sempre la stessa faccia, ma la parte che non vediamo ha da tempo affascinato e incuriosito scienziati e appassionati di astronomia. Oggi, grazie a uno studio pubblicato su Nature, scopriamo che le differenze tra le due facce della Luna non sono solo visive o geologiche, ma anche termiche e strutturali.
Un’analisi condotta nell’ambito della missione GRAIL della NASA ha infatti rivelato che il lato visibile della Luna è significativamente più caldo, fino a 170°C in più rispetto al lato nascosto. Una scoperta sorprendente che apre nuove prospettive sulla comprensione dell’evoluzione del nostro satellite e, potenzialmente, anche di altri corpi celesti.
Una differenza che parte dall’interno
Sapevamo già che la superficie lunare è caratterizzata da una forte dicotomia. Il lato che vediamo ogni notte è ricoperto da ampie distese scure di lava solidificata, chiamate “mari” lunari, mentre il lato nascosto è più montuoso, accidentato e privo di vaste pianure basaltiche. Tuttavia, questa diversità non si limita alla superficie.
Le sonde gemelle Ebb e Flow, lanciate nell’ambito del progetto GRAIL, hanno misurato con estrema precisione le variazioni del campo gravitazionale lunare, rivelando che il mantello del lato visibile è più caldo e deformabile, segno di una maggiore flessibilità e attività interna. Questo significa che la Luna non ha solo due volti esterni, ma due “nature” interne, separate da una differenza termica equivalente a fino a 200 Kelvin.
Il mistero del calore lunare: la chiave è nella composizione chimica
Ma da dove proviene tutto questo calore sul lato visibile? Gli scienziati ritengono che la risposta stia nella presenza più abbondante di elementi radioattivi, come torio e titanio, concentrati proprio nella porzione della Luna rivolta verso la Terra. Questi elementi, attraverso il processo di decadimento radioattivo, rilasciano energia termica che avrebbe riscaldato il mantello, contribuendo nel tempo alla formazione delle grandi colate laviche visibili ancora oggi.
Si tratta quindi di una differenza strutturale radicata nel passato geologico della Luna, risalente a oltre tre miliardi di anni fa. Il lato visibile, più ricco di questi elementi, ha mantenuto una maggiore attività vulcanica, mentre quello nascosto, povero di materiali radioattivi, è rimasto più freddo e statico.
Un nuovo metodo per esplorare mondi lontani
Una delle implicazioni più affascinanti di questa scoperta è l’approccio utilizzato: non è stato necessario atterrare sulla superficie lunare per raccogliere questi dati. Le variazioni gravitazionali osservate dalle sonde in orbita hanno permesso di “leggere” l’interno della Luna da lontano, aprendo la strada a un metodo che potrebbe rivelarsi rivoluzionario per lo studio di altri pianeti e satelliti.
Questa tecnica potrebbe infatti essere impiegata per indagare la struttura interna di corpi celesti lontani, come Marte, Encelado (luna di Saturno) o Ganimede (satellite di Giove), dove potrebbe esserci attività geotermica o persino ambienti favorevoli allo sviluppo della vita.
Un satellite, due storie geologiche
La scoperta rappresenta una prova concreta di un’asimmetria interna che fino a oggi era solo ipotizzata. Il lato che vediamo ogni notte racconta una storia diversa da quella celata sul lato opposto. È un promemoria affascinante di quanto l’apparenza possa ingannare, anche nello spazio.
Grazie alla missione GRAIL, oggi possiamo dire di conoscere un po’ meglio la Luna. Ma forse, più che rispondere a una domanda, questa scoperta ci invita a farne di nuove, guardando ai cieli con occhi ancora più curiosi.