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Se ti sposti per lavoro, la legge ora ti dà diritto a più soldi in busta paga: quanto dovresti guadagnare

Viaggi per lavoro? Da oggi quel tempo conta: la Cassazione stabilisce che deve essere pagato

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Se sei tra quei lavoratori che ogni giorno si spostano per raggiungere clienti, sedi distaccate o cantieri, allora fai attenzione alle prossime righe di questo articolo, perché c’è una novità che ti riguarda da vicino. Infatti, nel 2024 la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza storica (n. 16674/2024) che chiarisce definitivamente un aspetto spesso ignorato o mal interpretato: il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro deve essere retribuito come tempo di lavoro effettivo.

Una decisione che cambia le regole per i fuori sede

La pronuncia nasce da un caso concreto che coinvolge alcuni tecnici di un’azienda incaricati di eseguire interventi a domicilio. Questi lavoratori chiedevano che il tempo di viaggio dalla sede aziendale al primo cliente, e quello di ritorno a fine giornata, venisse riconosciuto come orario lavorativo.

La loro azienda, però, applicava un accordo interno secondo cui questo tempo sarebbe stato conteggiato solo se superiore a 30 minuti totali (15 minuti all’andata e 15 al ritorno). Ma secondo la Cassazione questa clausola è nulla, perché va contro le disposizioni europee e italiane in materia di tutela del lavoro.

Se segui le direttive dell’azienda…stai lavorando

Il fulcro del ragionamento della Corte è semplice: se il lavoratore si muove sotto le direttive dell’azienda, quel tempo è da considerarsi a tutti gli effetti lavoro. Questo vale anche quando ci si sposta con un mezzo aziendale o su indicazione diretta del datore.

La Cassazione ha infatti ribadito che, secondo il decreto legislativo 66/2003, è da considerarsi “tempo di lavoro” ogni periodo in cui il dipendente è a disposizione del datore di lavoro, indipendentemente da dove si trovi fisicamente o dal tipo di attività svolta.

Ogni minuto deve essere retribuito

Uno degli aspetti più importanti della sentenza è il divieto di introdurre franchigie temporali (soglie minime sotto cui il viaggio non viene pagato) nei contratti aziendali o negli accordi sindacali interni. Anche se firmati dalle parti, questi accordi non possono peggiorare i diritti sanciti dalla legge.

In pratica, non conta se nel contratto c’è scritto che i primi 15 o 30 minuti non sono pagati: questa clausola è nulla, perché contrasta con una normativa superiore.

Cosa significa per te?

Se il tuo lavoro ti porta spesso fuori sede – che tu sia un tecnico, un installatore, un operatore sanitario domiciliare o altro – hai diritto a farti retribuire anche il tempo di spostamento.

Ecco cosa puoi fare:

  • Controlla il tuo contratto di lavoro: verifica se sono previste clausole che escludono il pagamento dei tempi di viaggio.
  • Parla con il tuo sindacato o un consulente del lavoro: se pensi di aver lavorato senza essere retribuito correttamente, potresti avere diritto a un risarcimento.
  • Conserva prove e documentazione: orari, itinerari, email aziendali o qualsiasi elemento utile a dimostrare che ti sei spostato per conto dell’azienda.

Le aziende devono adeguarsi

Questa sentenza rappresenta un punto di svolta anche per i datori di lavoro che con questa sentenza sono obbligati a rivedere i contratti interni e le politiche aziendali, per rispettare quanto stabilito dalla Cassazione. In caso contrario, si espongono a vertenze sindacali, contenziosi legali e sanzioni.

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