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Accadrà il 3 luglio, la Terra si allontana dal Sole ma il caldo esploderà: il paradosso dell'estate rovente spiegato dalla scienza

Non è la distanza dal Sole a determinare l’estate rovente: il vero responsabile è un dettaglio che pochi conoscono

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Il 3 luglio la Terra raggiungerà l’afelio, ovvero il punto della sua orbita in cui si trova alla massima distanza dal Sole: ben 152 milioni di chilometri. Eppure, proprio in quei giorni, in Italia e in gran parte dell’emisfero boreale, ci aspetta una delle settimane più calde dell’anno, con temperature bollenti che in alcune città sfioreranno i 40 °C. Un paradosso solo apparente, che la scienza spiega in modo preciso e affascinante.

Il caldo estremo che ci aspetta a luglio

Per capire perché si possa boccheggiare per il caldo mentre la Terra si trova più lontana dal Sole, bisogna considerare un elemento chiave: l’inclinazione dell’asse terrestre. Il nostro pianeta non ruota “dritto” rispetto al piano della sua orbita, ma con un’inclinazione di 23,5°. Questo angolo è responsabile dell’alternarsi delle stagioni e delle differenze di temperatura tra estate e inverno.

Durante l’estate boreale, il Polo Nord è inclinato verso il Sole. Ciò fa sì che i raggi solari colpiscano la superficie terrestre in modo più diretto e per un periodo più lungo durante la giornata. In parole semplici: anche se il Sole è un po’ più lontano, i suoi raggi arrivano con maggiore intensità e per più ore, provocando un significativo aumento della temperatura.

Perché farà così caldo nonostante l’allontanamento dal sole?

A spiegare il fenomeno è anche il professor George Lebo dell’Università della Florida: “Non è la distanza dal Sole a determinare il caldo estivo, ma l’inclinazione dell’asse terrestre, che fa salire il Sole più in alto nel cielo e allunga le giornate nell’emisfero nord.”

Ma c’è di più. Un altro fattore che contribuisce al caldo estremo dell’estate è la diversa distribuzione delle terre emerse e dei mari. L’emisfero boreale, dove si trova l’Italia, ha una maggiore quantità di superficie terrestre rispetto a quello australe. E la terra, a differenza dell’acqua, si riscalda molto più rapidamente. La sabbia, il cemento, la roccia assorbono calore in poco tempo e lo rilasciano molto velocemente, contribuendo a picchi termici vertiginosi.

Come spiega l’oceanografo Bill Patzert della NASA, “di notte il deserto può scendere a 16 °C, ma già al mattino le temperature possono superare i 38 °C”. Questo effetto si amplifica nelle grandi città, dove l’asfalto e gli edifici trattengono calore, generando isole di calore urbane sempre più soffocanti.

Estate rovente, il paradosso spiegato

La verità, quindi, è che la distanza tra Terra e Sole incide pochissimo sul clima: la variazione tra afelio (lontananza massima) e perielio (vicinanza massima) è solo del 2% circa. Secondo il climatologo Roy Spencer, la differenza di temperatura globale media tra i due estremi dell’orbita terrestre è di appena 2,3 °C. Un’inezia rispetto all’impatto che ha l’inclinazione dell’asse e la conformazione geologica dei continenti.

In sintesi, è bene sottolineare che se il 3 luglio ci ritroveremo in un forno a cielo aperto non è certo colpa del Sole lontano, ma della combinazione tra geometria celeste e caratteristiche fisiche della Terra. Un paradosso solo apparente, che ogni anno ci ricorda quanto la scienza riesca a spiegare i fenomeni che viviamo sulla nostra pelle, anche quelli che sembrano contraddittori.

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