A volte la scienza sembra partorire idee dopo tre caffè e una notte insonne, e forse è un po’ così anche per l’ultima intuizione dei fisici austriaci Miguel Navascués e Philip Walther. La loro proposta è audace: usare un interruttore quantistico per far sì che un fotone “esegua” due operazioni in ordini diversi… nello stesso istante.
Il risultato non è una macchina del tempo, nessun DeLorean o paradosso temporale hollywoodiano. Però quello che hanno osservato è abbastanza curioso da far sobbalzare anche chi di quanti ne capisce poco: un fotone che sembra “tornare indietro” allo stato precedente prima ancora che il suo percorso sia terminato.
- Cos’è davvero un interruttore quantistico
- L’esperimento: un fotone, un cristallo e un rewind inatteso
- Perché questo risultato è importante
Cos’è davvero un interruttore quantistico
Nel mondo dei quanti, le regole sono tutt’altro che intuitive: una singola particella può essere in due luoghi contemporaneamente, influenzare un’altra a distanza e comportarsi come un’onda e una particella allo stesso tempo. L’interruttore quantistico sfrutta un’altra proprietà sorprendente: la sovrapposizione. Permette a un fotone di compiere due operazioni in due ordini diversi simultaneamente. È come se una persona potesse svegliarsi, bere il caffè prima e dopo aver aperto gli occhi, nello stesso identico momento. A livello macroscopico sarebbe fantascienza, ma per un fotone è semplice amministrazione.
Ed è proprio grazie a questo meccanismo che i ricercatori hanno osservato un fenomeno ancora più affascinante: il fotone, mentre attraversava un cristallo, risultava già ripristinato allo stato precedente. Una sorta di riavvolgimento locale del tempo, limitato però allo stato quantistico.
L’esperimento: un fotone, un cristallo e un rewind inatteso
Per capire come sia possibile, bisogna ricordare un principio cardine della meccanica quantistica: osservare un sistema lo modifica. Navascués e Walther hanno deciso di usare questa limitazione come risorsa.
Hanno fatto attraversare a un fotone:
- un cristallo che ne modifica lo stato,
- un interruttore quantistico che lo manda in due percorsi contemporanei,
- un apparato di misura che osserva ciò che avviene lungo il tragitto.
Il risultato? Prima ancora di terminare la sua interazione col cristallo, il fotone ritornava allo stato iniziale.
Come se avesse premuto un pulsante di rewind integrato. Non significa che il fotone “viaggi nel passato”, ma che la combinazione di sovrapposizione, interferenza e ordine indefinito delle operazioni genera un effetto equivalente a un’inversione temporale del suo stato. Applicarlo al mondo macroscopico è impossibile: invertire un secondo del tempo di un oggetto grande quanto una graffetta richiederebbe milioni di anni di calcoli, un’impresa fuori dalla portata anche dei computer più potenti.
Perché questo risultato è importante
Il vero motivo dell’entusiasmo scientifico sta altrove. I computer quantistici sono straordinari sulla carta, ma in pratica soffrono di un problema enorme: gli errori. Le particelle sono fragili, ogni interferenza esterna può alterare un calcolo e vanificarne l’esito.
Ecco perché il fenomeno osservato potrebbe essere rivoluzionario. Se fosse possibile invertire lo stato di una particella dopo un’interazione indesiderata, si potrebbero correggere gli errori in modo molto più efficiente di quanto avvenga oggi. Un fotone che “torna indietro” è, in un certo senso, un tasto CTRL+Z quantistico.
Questo aprirebbe la porta a computer quantistici più stabili, sistemi di comunicazione più sicuri, nuove applicazioni nella simulazione molecolare e nei materiali avanzati. Nessun viaggio nel tempo, dunque, ma una tecnologia capace di trasformare radicalmente il futuro della computazione.