Fonte: ANSA

Il formaggio più pericoloso al mondo è italiano: lo assaggeresti mai?

Il casu marzu è il formaggio più pericoloso del mondo? Secondo le norme emanate dall'Unione Europea sì. Tu lo assaggeresti mai?

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Sai che in Italia esiste un formaggio che ad alcune persone suscita orrore solo a guardarlo e per molti risulta profondamente disgustoso? La sua peculiarità risiede nel fatto che all’interno della sua pasta si muovono larve di mosca ancora vive! Stiamo parlando ovviamente del celebre casu marzu, che in sardo significa letteralmente “formaggio marcio“. Si tratta di un prodotto curioso, praticamente illegale ma rinomato in tutto il mondo, che ospita le larve vive della mosca del formaggio (Piophila casei), che ne alterano consistenza e sapore, rendendolo una vera e propria prelibatezza per i palati più coraggiosi. Tu lo asseggeresti mai?

Cosa è e come si realizza il casu marzu?

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Il casu marzu è un formaggio unico nel suo genere, prodotto con un metodo naturale tramandato di generazione in generazione. È conosciuto anche come casu fràzigu, o con altri nomi come casu marzu, casu mùchidu, casu modde, casu bèiu, casu fatitu, casu giampagadu, casu ‘atu, casu cundítu.

La sua realizzazione coinvolge un insetto particolare, la Piophila casei, conosciuta anche come mosca casearia o mosca del formaggio. Questo insetto, attratto dal formaggio caprino, deposita infatti le sue larve all’interno della forma. Le larve, dunque, si nutrono del formaggio, alterandone consistenza e sapore. La produzione del casu marzu avviene principalmente durante i periodi primaverili ed estivi, quando le condizioni sono ottimali per lo sviluppo delle larve.

Il processo di produzione di questo formaggio è però complesso e richiede alcuni accorgimenti specifici per facilitare lo sviluppo delle larve. Per esempio, si accorciano i tempi della salamoia e si praticano dei buchi nella forma di pecorino, riempiendoli di olio. Questi accorgimenti aiutano ad attirare gli insetti e ad ammorbidire la crosta del formaggio, creando l’ambiente ideale per la mosca casearia. Il processo di maturazione del casu marzu dura dunque dai 3 ai 6 mesi. Quando il formaggio è ritenuto sufficientemente maturo e il numero delle larve diminuisce, si procede con la rimozione della parte superiore della forma.

Durante i mesi di maturazione, le larve si sviluppano all’interno del formaggio, trasformando la sua consistenza in una pasta cremosa e dal sapore intenso. Nonostante il suo aspetto e il metodo di produzione possano risultare raccapriccianti, per molti il casu marzu rappresenta una vera delizia, frutto di una tradizione antica e di un know-how unico.

Perché il casu marzu è pericoloso?

Nonostante la sua fama ormai di portata globale e l’attrazione che suscita tra i curiosi e i coraggiosi, il casu marzu è considerato il formaggio più pericoloso del mondo.

I motivi sono diversi. Innanzitutto, la presenza di larve vive al suo interno è il primo fattore di rischio significativo. Queste larve possono sopravvivere nell’apparato digerente umano e causare gravi reazioni gastrointestinali. La condizione risultante, conosciuta come miasi intestinale, può provocare sintomi come dolori addominali, nausea e vomito, rendendo il consumo di questo prodotto una scelta estremamente rischiosa.

Un altro pericolo associato al casu marzu è legato alle condizioni igieniche del suo processo di produzione. Il metodo di fermentazione e decomposizione che caratterizza l’intera operazione può facilmente diventare un terreno fertile per batteri nocivi se non viene controllato attentamente. Inoltre, la mancanza di standard igienici rigorosi può portare a contaminazioni, incrementando ulteriormente il rischio per la salute dei consumatori.

Il casu marzu è davvero illegale?

L’Unione Europea, attraverso il Regolamento CE 852/2004, impone norme igienico-sanitarie molto precise per la produzione e la vendita di alimenti. La presenza di larve vive nel casu marzu è considerata una violazione di queste norme, in quanto rappresenta un potenziale pericolo per la salute dei consumatori. Come abbiamo già accennato, infatti, le larve possono infatti veicolare parassiti e batteri dannosi, rendendo il formaggio non conforme agli standard sanitari europei.

Nonostante il divieto di produzione e commercio, in alcune zone rurali della Sardegna è ancora possibile trovare e assaggiare il casu marzu. Questo avviene a proprio rischio e pericolo, poiché le normative sanitarie europee non possono essere pienamente applicate in queste aree. La legge n. 283/1962 e il Regolamento 178/2002 dell’UE dichiarano chiaramente che il casu marzu è incompatibile con il consumo umano, essendo classificato come “sostanza alimentare invasa dai parassiti” e “alimento inadatto al consumo umano… in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione“.

Per preservare questo prodotto unico, la regione Sardegna ha inserito il casu marzu nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (i PAT). Questo riconoscimento cerca di mantenere viva una tradizione secolare, pur consapevoli dei rischi associati al suo consumo. Pertanto, la produzione e il consumo di casu marzu sono limitati all’ambito domestico, consentendo agli appassionati di continuare a gustarlo nel rispetto delle tradizioni, ma con una consapevolezza maggiore dei potenziali pericoli. Non è illegale mangiarlo né produrlo per autoconsumo, ma ne è illegale la vendita.

In Italia e in Europa esistono altri formaggi simili al casu marzu, sono illegali?

Il casu marzu è forse il formaggio più celebre, quello contro cui si punta subito il dito. Ad ogni modo, in Italia e in Europa esistono altri formaggi molto simili ad esso per il loro processo di produzione che coinvolge le mosche casearie. Ma anche questi altri formaggi sono illegali?

Gli esempi non si contano. In Abruzzo c’è il “pecorino marcetto“, in Molise e nel Sannio c’è il “cacio punto“. Un nome che si ritrova in Salento (casu puntu) e in Puglia (fermagge pengiute). Ma non solo, in Veneto c’è il “formajo coi bai“, in Calabria il “furmaggiu du Quagliu“, in Piemonte il “bruss ch’a marcia“, nella zona di Piacenza il “furmai nis” e in Friuli il “formaggio saltarello“. Addirittura, nell’entroterra ligure troviamo il “gorgonzola coi grilli“, in riferimento al fatto che i vermi contenuti nel formaggio “saltino” fuori dalla forma un po’ come i più celebri insetti. In Corsica si produce invece il casgiu merzu, mentre nei Paesi Baschi il gazta-ustela.

In generale, possiamo affermare la legalità di questi formaggi dipende dalle normative igienico-sanitarie specifiche di ogni regione e dalle autorizzazioni rilasciate dai produttori. È importante sottolineare che, pur essendo prodotti da tradizioni antiche, il consumo di questi formaggi può comportare rischi per la salute, dovuti alla presenza di larve vive o alla possibile contaminazione da batteri.

Ad ogni modo, considerando la normativa europea, anche per questi formaggi vale quanto già affermato per il casu marzu: ne è illegale la produzione per la messa in commercio, non per l’autoconsumo. A proprio rischio e pericolo!

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